Sardegna, l’isola nel cuore culturale del Mediterraneo
A Cagliari da domani
Dei e idoli, demoni e figure di animali, simboli di lusso e di potenza, principi che corrono per le steppe del Caucaso poi trovati ad ornare sepolture migliaia di chilometri più ad ovest, oggetti del lavoro e del vissuto quotidiano. È la connessione fra culture dal Neolitico all’età del Bronzo, da Est fino alla Penisola Iberica, documentata dalla mostra Le Civiltà e il Mediterraneo che si apre domani a Cagliari (Palazzo di Città e Museo Archeologico Nazionale). E ha nel mare il percorso che consente di sviluppare e diffondere l’evoluzione di società fino ad allora prevalentemente stanziali. La mostra (aperta fino al 16 giugno) è l’evento finale che ha avuto inizio nel 2015 con Eurasia, fino alle soglie della storia e ha avuto un prologo nel convegno del 2017 Le Civiltà e il Mediterraneo, grandi musei a confronto. Nell’ultimo triennio la collaborazione fra Regione Sardegna, ministero dei Beni culturali e poli museali si è sviluppata con un protocollo di collaborazione con l’ermitage di San Pietroburgo, che ha consentito di raccogliere originali conservati ed esposti in Grecia, Spagna, Germania e Tunisia.
La Sardegna, da sempre collocata come segmento periferico dei processi storici, si riscopre centro di scambi intensi, non soltanto avamposto o punto di passaggio, ma parte attiva di un corso di accelerata modernizzazione delle comunità residenti nel Mediterraneo: 120 dei 500 reperti provengono da siti isolani e costituiscono il nucleo della mostra, allestita dai curatori Yuri Piotrovsky (Ermitage di San Pietroburgo) Manfred Nawroth (National Museum di Berlino), Carlo Lugliè, dell’università di Cagliari.
Le sezioni marcano l’evoluzione delle culture e le loro capacità di collegamento, il diffondersi delle tecnologie di produzione delle armi, l’affinità fra i culti e gli oggetti d’uso comune. La Sardegna era uno dei più importanti produttori di ossidiana e le molteplici riproduzioni di navicelle documentano le tendenza al trasporto della pietra, grezza o lavorata, verso Oriente.
Accomuna le civiltà del Mediterraneo anche la rappresentazione del mondo animale, in un’epoca che segna il passaggio delle comunità dall’allevamento nomade a forme più stanziali. Gli animali raffigurati come simboli di benessere, potere della terra, di rigenerazione e fertilità. Nel Caucaso, nell’egeo, nei pozzi sacri di Perfugas (Sardegna settentrionale): figure dalle lunghe corna, protomi taurine votive, vasi e bronzetti, gioielli (spille, pendenti e diademi) caucasici simili a teste d’ariete e di cervo e decorazioni a prua di navicelle emerse da scavi sulle coste orientali della Sardegna.
Il viaggio fra le civiltà del Mediterraneo e del vicino Oriente, attraverso reperti di straordinaria raffinatezza tecnica e artistica, testimonia il sovrapporsi di mondi spesso in conflitto ma anche capaci di integrarsi, gli influssi e i condizionamenti subiti da culture apparentemente più evolute (Micene) da parte delle isole maggiori (Sardegna, Sicilia, Cipro e Creta), che già dal Neolitico ma soprattutto nell’età del Bronzo hanno avuto il ruolo di maggior impulso nell’interscambio fra i popoli del mare.