Corriere della Sera

Malore in casa Bossi ricoverato in rianimazio­ne

Le tensioni con Salvini, il legame con Berlusconi

- di Marco Cremonesi e Andrea Pasqualett­o

Il fondatore della Lega Nord Umberto Bossi, 77 anni, da ieri pomeriggio è ricoverato in gravi condizioni nel reparto di rianimazio­ne dell’ospedale di Varese. Il Senatùr ha avuto una crisi epilettica dovuta a problemi cardiaci e alla reazione di alcuni farmaci ed è crollato a terra perdendo conoscenza. Per soccorrerl­o in fretta è stato necessario fare intervenir­e l’elisoccors­o. Esclusa una emorragia cerebrale. Molte, dal mondo politico, le testimonia­nze di affetto e i messaggi. Da Berlusconi a Maroni, da Calderoli a Casini: «Guerriero non mollare».

MILANO Il Senatur che non vuole essere senatore forse l’ha scampata un’altra volta. Ma gli ultimi anni non sono stati clementi con Umberto Bossi. Anche se lui, ghignando beffardo davanti al milionesim­o caffè, lo ripete spesso: «Sono ancora qui».

Conciato sul piano fisico ma diligente, il fondatore della Lega non ha mai smesso di andare in quella Roma che per lui è sempre rimasta un po’ ladrona. Certo, forse non ha ancora digerito il fatto di essere stato eletto al Senato: il soprannome tuttora usatissimo di Senatur nasce nel 1987, quando Bossi per la prima volta fu eletto a Palazzo Madama. Salvo poi che tutte le successive legislatur­e sia sempre stato eletto alla Camera. Ed è alla Camera, o nei dintorni, che tutt’ora è più facile incontrare il fondatore. Per esempio, da Giolitti, il caffè a due passi da Montecitor­io. O anche direttamen­te in Transatlan­tico, dove spesso risuona la battuta: «Umberto, hai sbagliato Camera?». «Io vado dove mi pare, mica lo devo chiedere a voi... ». Come ricorrente è l’altro scambio mille volte ripetuto: «Come stai?». Risposta: «Incazz.. ».

Però, le botte si sono fatte sentire. Anche fisicament­e il «Capo» è cambiato parecchio. Magrissimo, con il collo che gli balla nella camicia diventata troppo grande, ha perso quell’impression­e di solidità che, paradossal­mente, nemmeno lo «scioppone» del marzo 2004 era riuscito a togliergli del tutto. Il pugno sul palmo della mano con cui non ha smesso di salutare i militanti non ha più la terrifican­te energia di prima. Colpa, anche, dell’operazione alla schiena subita l’estate scorsa: «Ho dovuto reimparare a camminare» ripete con quel tono un po’ impersonal­e che usa quando parla dei suoi acciacchi fisici.

Eppure, a dispetto dell’affaticame­nto tangibile, in molti continuano anche oggi a tentare di fomentarlo, a dirgli di mandare a quel paese Matteo Salvini e questa Lega che non è più la sua e rimettersi a fare quel che ha sempre fatto, la bandiera del nordismo. Eppure, al di là di tutte le amarezze, Umberto Bossi il cuore di lasciare la sua creatura non ce l’ha mai avuto. E non certo per i motivi materiali che i peggiori tra i tantissimi che gli devono tutto ogni tanto sollevavan­o.

L’ultimo colpo, doloroso, il mese scorso. La scomparsa improvvisa di Erminio Boso, l’ex parlamenta­re trentino che era stato tra i simboli della Lega anti sistema degli anni ruggenti. Boso, pur «rompiballe» come lo chiamava Bossi era uno dei tanti a cui il Senatur aveva cambiato la vita, e dato una rappresent­anza che prima non avevano mai avuto. Era uno di quelli per cui la fedeltà nei suoi confronti era fisica e prepolitic­a, quelli che prima nemmeno andavano a votare e poi si sono ritrovati un leader che diceva quello a cui loro non riuscivano a dare forma. La sua scomparsa per Bossi è stato l’ennesimo segno del fatto che il mondo da lui costruito sta scomparend­o pezzo a pezzo.

Certo, ci sono ancora le cene. Quelle a cui «l’umberto» non si stanca di partecipar­e e in cui i vecchi militanti — quelli che quando scrivono di lui su Facebook aggiungono sempre l’hashtag #ilpadre — non si stancano di ascoltare non soltanto i racconti di stagioni più brillanti ma soprattutt­o la sua visione su quanto accade. Bossi continua a osservare la politica, continua a credere che il centrodest­ra con cui ha governato sia ancora l’unica strada percorribi­le: l’ultima sua dichiarazi­one nota, dopo la vittoria leghista in Abruzzo, riguarda il vecchio alleato: «Berlusconi è ancora in campo? Eccome...».

Come Berlusconi, anche Bossi è convinto di essere stato tolto di mezzo da una congiura politico-giudiziari­a. Le condanne degli ultimi anni lo hanno scosso, e quella dell’anno scorso per vilipendio al capo dello Stato (era Napolitano) lo ha indignato: «Ma la bocca non me la tappano». E pazienza se la condanna era per fatti del 2011. Di sicuro, apprezzerà le mille testimonia­nze d’affetto apparse su Facebook alla notizia del suo ricovero. Forse meno gli auspici un po’ formali di Matteo Salvini: «A Umberto auguri di pronta guarigione!».

In Aula

Anche se affaticato non ha mai smesso di andare in Parlamento

 ??  ?? In Senato Umberto Bossi, 77 anni, in aula. Dal 1992 è stato eletto sei volte deputato, poi tre eurodeputa­to e infine senatore. Bossi è salito al governo per la prima volta nel 2001, come ministro per le Riforme nel governo Berlusconi II. Nell’aprile del 2012, dopo lo scandalo della distrazion­e di fondi del partito, ha rassegnato le dimissioni da segretario della Lega Nord
In Senato Umberto Bossi, 77 anni, in aula. Dal 1992 è stato eletto sei volte deputato, poi tre eurodeputa­to e infine senatore. Bossi è salito al governo per la prima volta nel 2001, come ministro per le Riforme nel governo Berlusconi II. Nell’aprile del 2012, dopo lo scandalo della distrazion­e di fondi del partito, ha rassegnato le dimissioni da segretario della Lega Nord

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