L’aie ritorna a Torino «Ora guardiamo avanti»
Resta il progetto della fiera per Millennial a Milano nel 2020. «Ma non è certo che la data sarà a febbraio» Levi: «Anche noi nella cabina di regia del Salone»
L’Associazione italiana editori (Aie) torna nella macchina del Salone di Torino. Lo annuncia Ricardo Franco Levi, presidente dell’aie, quattro anni dopo lo strappo che portò all’uscita dal Salone e alla nascita, a Milano, della fiera concorrente Tempo di Libri.
Quale ruolo avrete esattamente?
«Abbiamo risposto positivamente all’invito del Circolo dei Lettori di Torino di entrare nel comitato d’indirizzo del Salone. Visto che stiamo già lavorando a una nuova fiera per Milano, che si terrà nel 2020 e avrà una modalità coerente con l’immagine della città — europea, giovane, innovativa —, sono cadute le possibili ragioni di concorrenza con il Salone. Torniamo dunque a Torino con una funzione di collaborazione culturale, nella cabina di regia. Non saremo soci come lo siamo stati in passato, prima dell’uscita nel 2016. Vogliamo così contribuire a comporre un quadro armonico delle fiere italiane dell’editoria. Lo ha auspicato anche il ministro dei Beni culturali, Alberto Bonisoli, al recente tavolo con i rappresentanti del mondo del libro, di cui abbiamo apprezzato la convocazione».
Lei non ha mai condiviso l’idea di una «vittoria» di Torino su Milano. A settembre, quando la sindaca Chiara Appendino e il governatore Sergio Chiamparino rifiutarono la sua offerta di un «Mito» dei libri, disse che «rimanere con i debiti verso i fornitori, con i conti che non stanno in piedi a carico dei contribuenti, non poteva definirsi una vittoria». Ha cambiato idea?
«Queste sono questioni squisitamente di Torino e riguardano il passato. Noi abbiamo preso la decisione di guardare avanti. Ci auguriamo che il nostro ingresso nella cabina di regia serva a superare qualsiasi elemento di divisione nel mondo editoriale, che non ne ha bisogno».
Tornerete a occuparvi del programma professionale?
«Già in passato abbiamo presentato al Salone i dati sull’andamento del mercato del libro. Ma c’è un direttore editoriale, siamo a disposizione per ciò che servirà».
Nella cabina di regia ci saranno Comune di Torino e Regione Piemonte, le associazioni dei librai e delle biblioteche. E quella degli editori indipendenti, Adei: nata da una frattura con l’aie, ha tra gli iscritti lo zoccolo duro dei marchi che hanno lottato per salvare il Salone. Come saranno i rapporti?
«Io credo che il Salone lo abbia salvato la fiera di Milano: con la sua nascita ha contribuito a uno straordinario sussulto di orgoglio di Torino e del Piemonte. Ma al di là delle battute, il Salone di Torino è di Torino e del mondo del libro italiano. Nessuno può dire “è mio”. Sono fiducioso che chiunque ami il libro sia felice che l’aie entri nella cabina di regia».
Il voto di maggio per la Regione Piemonte potrebbe cambiare gli equilibri?
«Non commento la politica. Ma le istituzioni di Torino e del Piemonte hanno dato ampia prova di tenere al Salone, sono certo che continueranno a sostenerlo».
A che punto siete nella definizione della rinnovata fiera milanese?
«In piena sintonia con il nostro partner Fiera Milano, stiamo lavorando a un progetto importante e ambizioso, nel quadro di un evento focalizzato sui Millennial e l’innovazione. Sveleremo qualcosa presto, di sicuro prima dell’estate».
Dal 15 al 17 marzo si terrà a Milano Book Pride, fiera dell’editoria indipendente che quest’anno allarga gli spazi e si «allea» con la contemporanea Digital Week. Se, come avete annunciato, la vostra nuova rassegna sarà nel febbraio 2020, non si rischiano un’eccessiva vicinanza e una sovrapposizione sui temi dell’innovazione?
«La data non è stata fissata in maniera definitiva. Febbraio è un’ipotesi, ma non è stata ancora presa una decisione».
Torniamo al punto di partenza? La data è cruciale: la vostra fiera nel 2020 ci sarà?
«Sì, la faremo. E sono sicuro che con Fiera Milano troveremo la data migliore».
Con gli editori indipendenti sedete anche al tavolo del ministro Bonisoli: a proposito degli sconti sui libri, loro vorrebbero fissare un tetto massimo al 5%, voi vorreste mantenere l’attuale 15%.
«Al tavolo siamo tutti d’accordo sulla necessità di promuovere la lettura e il pluralismo dell’offerta, ma non sul dettaglio degli strumenti per raggiungere questi scopi. C’è chi vuole ridurre lo sconto al 5% a prescindere dalle condizioni di mercato. Noi pensiamo che, nell’attuale fase di rallentamento dell’economia, sia rischioso far percepire ai lettori un aumento della spesa. Preferiremmo non toccare l’attuale legge sul prezzo del libro, ma riportare la prassi in linea con lo spirito vero di quel testo, specie per quanto riguarda le promozioni. E poi mettere in atto iniziative per incentivare la lettura e la domanda».
Quali? Avete già delle idee?
«Alzare il tasso di lettura richiede interventi di lungo corso, ma è stato efficace, ad esempio, #ioleggoperché: progetto promosso dall’aie con cui nel 2018 sono arrivati alle biblioteche scolastiche 300 mila libri. Dal punto di vista immediato del mercato, invece, funziona il sostegno diretto alla spesa: come 18app, il bonus per gli acquisti culturali da parte dei giovani, e, su un altro fronte l’agevolazione fiscale per i librai. Utile ai piccoli editori è favorire l’accesso al credito. E, infine, non fare cose sbagliate, come la chiusura dei negozi alla domenica: in quel giorno, solo nella grande distribuzione, si vende il 20% dei libri della settimana».
Bonisoli auspica anche una spinta all’internazionalizzazione.
«Grazie all’aie l’italia sarà Paese ospite nel 2023 a Francoforte e nel 2021 a Parigi. Nell’ambito di quest’ultima proposta che ci è stata fatta, il ministro Bonisoli è stato invitato a Parigi e ha accettato. Andremo insieme il 14 marzo. E ne siamo particolarmente lieti perché è anche un punto di rammendo nello strappo di una tela diplomatica che ci auguriamo sia riparata».
I rapporti con gli indipendenti «Con la nostra presenza vogliamo cancellare ogni divisione tra gli editori, che non ne hanno bisogno»