Corriere della Sera

C’è tanta Italia nel gigante d’oro di Vhlova

La rivincita di Magoni, allenatore della slovacca: «Io cacciato senza un perché»

- Flavio Vanetti

Licenziato dall’italia nell’aprile 2015, «senza nemmeno essere stato avvisato e senza sapere il perché», campione del mondo oggi come coach di Petra Vhlova, dopo essere stato uno di quelli che hanno costruito la gloria di Tina Maze. Il ventaccio di Aare trasforma anche il gigante in una lotteria, accomuna Mikaela Shiffrin («solo» di bronzo) e Federica Brignone (5ª) nel battezzare anomala la gara (l’americana la definisce «superunfai­r»), ma porta con sé pure la bella storia di Livio Magoni. È lui, il fratello della Paoletta oro olimpico nel 1984, il mago alle spalle della trasformaz­ione in campioness­a di una ragazzona che era numero 162 nel ranking e che in tre anni è diventata la numero 2. Petra, dopo aver vinto la prima medaglia slovacca (argento nella combinata), è pure il primo oro di un Paese che ha altre passioni. «Magari mi paragonera­nno a Sagan: dovrò solo evitare di distrarmi» ride.

Petra Vhlova srl: la denominazi­one è questa, più che Slovacchia. Gli sponsor li trova Petra («Ed è lei che mi paga» dice Livio), la federazion­e mette solo 3000 euro, l’esperienza di un team «piccolo e privato, unica caratteris­tica simile a quello della Shiffrin» è stata fin qui segnata dai sacrifici. All’inizio niente allenament­i in Sud America; e niente macchina per la forza: «Ma quando una volta, partita con il 55, è arrivata 8ª, mi ha detto di acquistarl­a», racconta Magoni. In Svezia il team è giunto con l’aereo del primo ministro: «Eravamo in imbarazzo, di solito ci arrangiamo con due pullmini. Siamo in tre in tutto, dobbiamo pure sdoppiarci nelle mansioni».

Riassunto. Vento terribile, start abbassato e luce così così. Brignone 7ª a metà («Mai corso in condizioni tanto scorrette»), Bassino 8ª e inferocita («Uno schifo»), Goggia 6ª a sorpresa. Poi sotto la luce artificial­e Sofia è caduta, Marta è andata indietro e Federica ha solo sfiorato il podio mentre la Rebensburg lasciava l’oro alla Vhlova. «Ci credevamo» ammette Magoni, spiegando Petra: «Ha meno ‘‘piede’’ ma più cavalli di una Maze; ha la concretezz­a del blocco dell’est che vuole sfondare ed è una che segue il capo». Il capo è lui, quello che l’italia ha scaricato: «Ero andato in crisi per un anno». Livio fu esonerato anche dalle azzurre che si lamentavan­o dei suoi metodi. «Ma Fede, Sofia e Marta non c’entravano: loro sono campioness­e». Eppure… «Eppure potrebbero fare cose esagerate». Le stesse che fa la Petra srl., guidata da un italiano respinto.

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Niente tris Mikaela Shiffrin terza nel gigante: svanita per lei la possibilit­à di conquistar­e tre ori (Ap)

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