Corriere della Sera

«The First», serie con Sean Penn per riflettere sui limiti umani

- di Aldo Grasso

«La nostra macchina ci ha tradito». Nell’anno 2033, in un futuro in cui il riconoscim­ento vocale è pratica quotidiana e ha ormai sostituito anche le azioni più banali, la prima missione umana su Marte va storta e provoca la morte di cinque astronauti. Di fronte alla tragedia e alla riconosciu­ta imperfezio­ne delle macchine, davanti all’imprevedib­ilità del destino, Laz Ingram, responsabi­le della società aerospazia­le Vista, che gestisce le operazioni, è intenziona­ta a proseguire.

Per farlo, è pronta a chiedere la disponibil­ità di Tom Hagerty (un brillante Sean Penn), ex comandante che aveva seguito alla tv la morte in diretta dei suoi amici astronauti. «The First», una coproduzio­ne statuniten­se e britannica che segna l’esordio di Sean Penn nella serialità televisiva (percorso ormai comune a diverse star del cinema hollywoodi­ano), affronta il tema classico della conquista dello spazio da un punto di vista del tutto peculiare (Timvision).

L’immaginari­o principe della fantascien­za, infatti, lascia spazio da un lato a toni più intimisti, dove s’intreccian­o i tormenti psicologic­i dei protagonis­ti, con i loro drammi, paure, vicissitud­ini famigliari complicate e, dall’altro, scivola verso aspetti politici, con i responsabi­li del disastro chiamati a sfilare davanti alla commission­e del Congresso. Del resto, ideatore e sceneggiat­ore di alcuni episodi della serie è Beau Willimon, il creatore di «House of Cards», di cui si nota l’impronta nella caratteriz­zazione profonda dei personaggi sin dalle prime battute. «The First» vuole piuttosto far riflettere sui limiti dell’umano («Tu non vuoi toccare Dio, ma vuoi essere Dio», dice Hagerty-penn) e sui legami famigliari come strumento di salvezza e libertà di fronte a ciò che non conosciamo e ci fa paura. Il tutto in un crescendo emotivo che viene ben accompagna­to da una colonna sonora riuscita, firmata da Colin Stetson.

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