Sana uccisa, tutti assolti
L’omicidio della 25enne che viveva a Brescia. Fra gli accusati i genitori e il fratello Manuel, il bacio in ospedale «Ci prenderemo tutto» I pm: la pistola era rubata
BRESCIA Nessun colpevole per la morte di Sana Cheema. La mamma, il papà, il fratello, lo zio e gli altri imputati accusati dell’omicidio sono stati assolti ieri in Pakistan.
Sana, 25enne italiana, originaria del Pakistan, era partita da Brescia a gennaio ed è stata uccisa il 18 aprile nel villaggio di Mangowal dove aveva raggiunto i familiari che volevano trovarle un marito. Un matrimonio che Sana ha rifiutato: il padre le ha mostrato le immagini dei possibili mariti, ha scorso tutte le fotografie che aveva archiviato sul cellulare, ma lei non ha scelto nessuno. Voleva tornare in Italia, a Brescia l’aspettava il suo ragazzo. Aveva già il biglietto per un volo il 19 aprile, non vedeva l’ora di tornare alla sua vita, il lavoro nel piccolo ufficio per le pratiche automobilistiche, gli amici bresciani e il fidanzato. Ma il suo rifiuto ha «disonorato» la famiglia e le è costato la vita: il giorno prima di imbarcarsi sull’aereo che l’avrebbe riportata Vittima
Sana Cheema, nata in Pakistan ma cresciuta a Brescia, è stata uccisa ad aprile: aveva 25 anni
Altri quattro, cinque giorni al massimo. Poi Manuel Bortuzzo lascerà la terapia intensiva del San Camillo per essere trasferito in un reparto di degenza. Un passo che prelude all’inizio delle cure specialistiche in un centro di riabilitazione, a Roma oppure a Imola. La scelta è legata alla disponibilità di posti. Intanto il nuotatore trevigiano di 19 anni, rimasto paralizzato da un colpo di pistola dopo l’agguato nel quale è caduto per errore il 3 febbraio scorso all’axa Casalpalocco, continua a migliorare. E a mantenere rapporti con l’esterno, soprattutto con i social. «Ci prenderemo tutto», ha scritto Manuel sul suo profilo Instagram nel giorno di San Valentino postando la foto di un bacio sul letto d’ospedale con la fidanzata Martina protetta da un grembiule sterile. In mano ai ragazzi due pelouche. Intanto proseguono le indagini sul ferimento dell’atleta. La polizia ha accertato che il revolver Smith&wesson calibro 38 usato da Lorenzo Marinelli per sparare a Bortuzzo era stato rubato alcuni anni fa. A questa conclusione si è arrivati grazie al fatto che la matricola non era stata abrasa. Gli investigatori della Squadra mobile sono in attesa del responso della Scientifica per sapere se a impugnare l’arma sia stato proprio Marinelli, come lui stesso ha raccontato nella confessione. a casa è morta strangolata, le vertebre del collo spezzate. «Ioide fratturato» è scritto nel referto del medico anatomopatologo che ha effettuato l’autopsia.
A stringere il collo della ragazza non sarebbero stati né il padre, né il fratello: ieri il tribunale del distretto di Gurjat — dopo tre mesi di udienze — ha assolto e scarcerato i genitori, il padre Mustafa Ghulam e la mamma Nargis, il fratello Adnan, di 30 anni, lo zio Mazhar Iqbal Pasran, il cugino, la zia e gli altri imputati. Assoluzione per tutti gli undici presunti responsabili dell’omicidio della ragazza: «Mancano prove e testimoni» dicono i giudici «è certa solo la causa della morte, ma non è possibile individuare i responsabili». Inutili anche le prime accuse mosse dalla madre: «L’hanno uccisa loro» aveva dichiarato indicando il marito e il figlio, ma poi aveva ritrattato tutto, finendo a sua volta tra gli imputati. Non è bastato neppure il certificato medico contraffatto mostrato dai familiari: scaricato da internet e compilato in modo maldestro — per l’accusa — indicando come causa di morte un arresto cardiocircolatorio in seguito a un malore.
Una sentenza che non sorprende troppo gli amici pakistani di Sana a Brescia. «Si sapeva già che sarebbe finita così — confida uno di loro — in Pakistan con i soldi si compra tutto, anche la libertà. Erano tutti d’accordo, anche la madre. Adesso torneranno qui, chi lo può impedire». E gli amici di Sana — che dopo aver visto in Rete un filmato del funerale non credendo alla versione della morte per malore avevano ottenuto un’indagine e la riesumazione del cadavere — ora hanno paura: «Chi ha ucciso una figlia in quel modo non si ferma davanti a nulla...».
Scioccato anche Jabran Fazal, portavoce della associazione Pak: «Vogliamo leggere le motivazioni, capire se si ricorrerà alla corte provinciale». E vuole fare luce su tutte le coordinate della vicenda il procuratore generale di Brescia Pier Luigi Maria Dell’osso: Sana era cittadina italiana, bisogna capire i margini di manovra. «Una vergogna» per il ministro Matteo Salvini pronto a scrivere al ministro dell’interno pakistano, per esprimere «il rammarico del popolo italiano». La vicenda
● Sana Cheema, 25 anni, nata in Pakistan, ma cittadina italiana che aveva vissuto a lungo a Brescia, venne strangolata e uccisa il 18 aprile 2018 a Mangowal, in Pakistan, dove era andata per qualche mese a trovare la famiglia