«Ora sarà più difficile attaccarci» La scommessa dell’eliseo
Il presidente italiano potrebbe andare prima delle Europee
PARIGI Una nuova data, ancora da definire, pesa adesso sulle relazioni tra Italia e Francia, finora influenzate soprattutto dal 26 maggio delle elezioni europee. Quest’ultima scadenza è stata, dalla crisi sui migranti dell’estate scorsa, l’orizzonte dei rapporti bilaterali accettato dai leader di entrambi i Paesi. Prima che le tensioni prendessero una dimensione inaccettabile per Parigi, con la stravagante visita di un vice-presidente del Consiglio a un sedicente leader eversivo, il traguardo del 26 maggio era condiviso.
Lo aveva posto per primo Matteo Salvini, quando il 29 agosto 2018 ha incontrato a Milano il premier ungherese Viktor Orban e ha parlato di «due campi in Europa, Macron alla testa delle forze che sostengono l’immigrazione e noi che vogliamo fermarla grazie a una futura alleanza».
Il giorno dopo il presidente francese raccolse prontamente la sfida e pur in trasferta in Danimarca trovò il tempo per rispondere che «se hanno voluto vedermi come il loro oppositore principale, hanno ragione», teorizzando la spaccatura tra «progressisti» e «nazionalisti» in Europa.
La campagna elettorale per il 26 maggio cominciò allora, in Italia e anche in Francia, con Macron che puntava a ripetere su scala europea l’exploit della conquista dell’eliseo un anno prima: finita la contrapposizione tra destra e sinistra, tanto valeva provare a piegare a proprio vantaggio la nuova polarizzazione tra sovranisti e europeisti. Come Macron aveva saputo raccogliere attorno à sé tutte le forze contrarie a Marine Le Pen riuscendo così a batterla, si trattava adesso di giocare una partita simile per sconfiggere Salvini, Orban e gli altri sovranisti.
È nata così la prima campagna elettorale su scala davvero europea: una novità positiva, volendo, ma il tentativo ha mostrato che uno spazio politico continentale è ancora agli albori. La contrapposizione transnazionale tra «progressisti» è «nazionalisti» è sfuggita di mano, nelle scorse settimane l’eliseo ha provato a non raccogliere le provocazioni evocando una «rivalità elettorale interna tra Movimento Cinque Stelle e Lega», confermata dal premier Conte nel colloquio con la cancelliera Merkel. Ma il «non mollate» di Di Maio ai gilet gialli ha fatto interrompere la partita.
Ecco perché alla data del 26 maggio se ne è dovuta aggiungere un’altra, quella ancora sconosciuta della visita di Stato del presidente Mattarella, invitato ieri dal presidente Macron. Una data che sarà altrettanto cruciale per la relazione tra i due Paesi.
Il richiamo dell’ambasciatore una settimana fa è servito a fare ripetere a tutti, anche agli indisciplinati vicepremier italiani, quanto sia importante l’amicizia storica tra i due Paesi. «Quindi, in teoria, adesso che l’ambasciatore Masset è tornato a Palazzo Farnese, sarà più difficile ricominciare ad attaccare la Francia come se non fosse successo niente», dice una fonte diplomatica. La ricreazione è finita, questa è la speranza del Quai d’orsay.
In più, c’è il nuovo orizzonte della visita di Stato, con i capi di Stato Macron e Mattarella che si fanno garanti dell’alleanza profonda tra i due Paesi. La visita di Stato normalmente ha un valore istituzionale, ma di questi tempi assume un valore inevitabilmente politico. Quando avverrà? Prima o dopo il 26 maggio? La «visita di Stato» poi è più impegnativa di una semplice «visita ufficiale»: implica l’incontro di Mattarella con i rappresentati dei tre poteri dello Stato, una cena con Macron, un discorso in Parlamento. Difficile organizzarla prima del voto, ma non impossibile.
La scelta
La data dell’incontro nella capitale francese avrà un peso nelle relazioni tra i due Paesi