Corriere della Sera

AL PARLAMENTO EUROPEO VOTO A SORPRESA: «NO» ALL’AUSTERITY

- di Francesca Basso

Il Parlamento europeo si è schierato contro l’austerity, spuntando le armi ai populisti nella campagna elettorale che tra poco entrerà nel vivo. Mercoledì scorso l’europarlam­ento ha votato contro la proposta della Commission­e Ue, che prevedeva il possibile congelamen­to dei fondi struttural­i per il periodo 2021-2027 per i Paesi che non rispettano i parametri macroecono­mici dell’ue. In Italia gli eurodeputa­ti hanno votato compatti, e in modo trasversal­e: socialisti, popolari, pentastell­ati e leghisti. La battaglia però non è vinta, perché il testo approvato è la base per il negoziato con il Consiglio, cioè con le capitali, sulle nuove regole per la gestione dei fondi Ue (quelle attuali prevedono invece la condiziona­lità). E qui il quadro si complica, ci sono Paesi «falchi», come l’olanda, che non vogliono mollare la presa. Non solo. La proposta della Commission­e prevede anche un’altra condiziona­lità: il rispetto dello Stato di diritto. Quella rule of law che ha fatto accendere un faro su Polonia e Ungheria. Questa regola il Parlamento Ue non l’ha abrogata. È chiaro che a fare la differenza nella decisione finale saranno le alleanze. L’europarlam­ento ha votato contro l’austerity perché è stata costruita una sapiente rete tra deputati. È dal 2013 che Andrea Cozzolino e Mercedes Bresso del Pd portano avanti questa battaglia, sostenuta anche dal Comitato delle Regioni. Il «colpo di mano» è riuscito perché Cozzolino ha lavorato nella famiglia socialista convincend­o anche i tedeschi e allargando il fronte a M5S e FI. Tra i popolari si è mosso lo spagnolo Ramón Luis Valcárcel, che ha spaccato il gruppo convincend­one una trentina. Alla fine il no all’austerity è passato 370 a 300. Ora Roma deve fare la sua parte, l’isolamento nella Ue non paga e le alleanze non sempre si fanno solo con i Paesi ritenuti affini o più amici.

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