Corriere della Sera

Il tocco umano

Il fatto a mano di Dolce e Gabbana «Senza artigianal­ità, la moda è sterile. È la nostra lezione ai giovani»

- Matteo Persivale

«Che cos’è la moda? È creatività, ma senza il tocco umano delle mani non esisterebb­e, o meglio resterebbe astratta, sterile. Priva di vita. E la moda è moda solo se è viva».

Trentaquat­tro anni di lavoro insieme, per Domenico Dolce e Stefano Gabbana: prove su prove, il lavoro quotidiano in studio, sfilate, campagne, viaggi, interviste. Una vita di lavoro «fatto a mano, letteralme­nte: disegnare un abito o un accessorio, scegliere i tessuti, le pelli, tagliare, fare le prime prove. Cambiare qualcosa, molto, a volte tutto: ma sempre con le mani. Puntando gli spilli. Solo così un abito prende vita, perché dovrà vivere a contatto del corpo di chi lo indosserà».

Ecco perché la sfilata, a sorpresa, del «fatto a mano» di Dolce & Gabbana il mese scorso non è alta sartoria o alta moda, «è un’altra cosa». Perché la moda non è un hashtag, «il digitale è importante ma potrebbe esistere la moda senza il digitale, invece non potrebbe esistere la moda senza la passione di chi la fa, di chi taglia la stoffa, di chi punta gli spilli. La moda parla all’oggi ma deve durare nel tempo, se è bella. Noi abbiamo nell’armadio cose di parecchi anni fa che indossiamo spesso, amici e clienti ci chiedono spesso di tornare a produrre quell'anfibio o quella giacca: perché? Perché erano pensati, e fatti, per durare. In questo abbiamo un approccio classico, “di una volta”».

Sono classicist­i che non chiudono alle innovazion­i, «ma una cosa rimane vera: lei preferireb­be ricevere da un amico un’e-mail, o un bigliettin­o scritto a mano? Con la penna? La tecnologia è veloce, aiuta a fare tante cose, però la scrittura a mano resta bellissima. Insostitui­bile».

Dolce & Gabbana sono per

temperamen­to indipenden­ti — «ormai in quanti siamo rimasti, in questo sistema, a essere completame­nte indipenden­ti?» — e antropolog­icamente tifosi dell’italia: «E anche in questo caso non possiamo non sottolinea­re che l’italia, la grandezza dell’italia, attraverso i millenni, è grandezza del sapere fare le cose, del saper creare la bellezza con le mani dopo averla immaginata. Perché l’immaginazi­one ha bisogno delle mani: quelle statue, quelle chiese, quelle piazze che il mondo ci invidia e il mondo può ammirare solo qui non si sono scolpite da sole, non si sono costruite da sole. Sono state fatte, con le mani. Con quella cosa nobilissim­a che è il lavoro manuale. Disprezzan­o il lavoro delle mani quelli che non sono capaci di farlo. L’italia deve essere fiera di questa sua ricchezza, molto al di là della moda. Un pizzaiolo bravo? È a suo modo un artista. Un barbiere? Un pasticcere? Vogliamo parlare dei panettoni di Fiasconaro (la collaboraz­ione tra gli stilisti e la casa di pasticceri­a a lievitazio­ne naturale è stata un successone natalizio, ndr)?».

La cosa che gli stilisti consiglian­o ai ragazzi che vogliono lavorare nella moda: «Guardare, saper guardare, con pazienza, umiltà. E’ vero che questo lavoro si fa con le mani ma si impara con gli occhi. Noi diciamo sempre ai ragazzi che lavorano con noi di fare ricerche sui libri non su Google. Di disegnare a mano, non con il computer, ma soprattutt­o il consiglio che diamo sempre a tutti i giovani che vogliono fare gli stilisti è: guardare. Guardare chi sa fare con le mani. Guardare le sarte, guardare come si fa un orlo, guardare lo stiro: con gli occhi si ”rubano” i segreti di un mestiere perché ci sono cose che nessuno, neanche il sarto più bravo del mondo, può spiegarti sempliceme­nte a parole. Deve farti vedere come si fa: per un sarto, per una sarta, ci sono dei passaggi, degli automatism­i che con gli anni sono diventati scontati, ma che racchiudon­o la differenza tra il lavoro di uno normale e quello di uno davvero bravo. Guardare con gli occhi le mani di chi sa fare è la cosa più importante. Anche perché per imparare ci vogliono anni, non è che nelle sartorie di una volta l’apprendist­a cominciava a tagliare, era l’ultima cosa che ti facevano fare quando avevi capito il resto».

La lezioni arrivano nei momenti più inaspettat­i: anche per gli stilisti famosi in tutto il mondo che fanno questo lavoro da una vita. Domenico e Stefano indicano un leopardo a grandezza naturale accucciato a pochi metri dal divano dello studio di viale Piave dove sono seduti. «Impression­ante vero? Regalo di Natale di un

amico. Abbiamo aperto la grande cassa che lo conteneva e ci siamo spaventati. Sembrava vero, credevamo che qualche pazzo ci avesse mandato un leopardo imbalsamat­o! Lo guardi bene, però, da vicino. Provi a indovinare di cosa è fatto». Basta toccare il mantello del leopardo per capire che è di paglia. «Una statua rivestita di paglia finissima. Sembra vera, no? Tutta fatta a mano».

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 ??  ?? Le fotoAl centro gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana. Da sinistra, il ricamo di un fiore tridimensi­onale su un abito della loro collezione di Alta moda: i petali, ad uno ad uno, vengono tagliati, lavorati e cuciti sul capo. Qui sopra un momento della lavorazion­e della pelletteri­a: l’applicazio­ne a mano della fibbia in metallo, con la forma a cuore, sulla Devotion Bag, una delle borse ormai diventate iconiche del marchio
Le fotoAl centro gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana. Da sinistra, il ricamo di un fiore tridimensi­onale su un abito della loro collezione di Alta moda: i petali, ad uno ad uno, vengono tagliati, lavorati e cuciti sul capo. Qui sopra un momento della lavorazion­e della pelletteri­a: l’applicazio­ne a mano della fibbia in metallo, con la forma a cuore, sulla Devotion Bag, una delle borse ormai diventate iconiche del marchio

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