«La vista e la luce Dall’alto della torre atterro sul design»
Lo studio a Torino dell’architetto Camerana «E dopo le riunioni apro la mia cucina-box»
Vista da lontano, la torre razionalista si staglia tra le case sabaude del centro storico torinese adiacenti a piazza Castello. «É l’edificio abitativo più alto della città. Lo sovrasta solo la Mole Antonelliana», precisa l’architetto Benedetto Camerana che, qui, nella Torre Littoria, ha il suo studio «sdoppiato»: al 5° piano quello più operativo, fatto da semplici scrivanie bianche, e invece al 13° un pensatoio-spazio riunioni. Con vista.
Su, ancora più su. Basta uscire dall’ascensore per cogliere l’intensità della luce. Ma è solo entrando nello studio che si capisce veramente che cosa significhi essere letteralmente immersi nel cielo della città. Finestre lungo tutto il perimetro. Da un lato, la parte «domestica», arredata con famosi pezzi di design: il divano Flap di Edra in uno smagliante verde pisello, la seduta tonda Ball di Eero Aarnio, poltrone e tavolini di Eero Saarinen, una libreria a tutta parete traboccante di libri e oggetti. Dall’altro, la zona studio: un tavolo quadrato con libri, blocchi di appunti, schizzi, in una specie di caos creativo. Le pareti sono porzioni tra una finestra e l’altra, e l’alternanza crea una sequenza di due paesaggi: quello esterno, una Torino sfavillante dal sole, e quello progettuale (dello studio Camerana), raccontato dai plastici dei lavori di architettura appesi come quadri.
«Sono arrivato qui nel 2003, per sei anni è stata solo la mia abitazione, dal 2009 invece è il mio studio personale, dove progetto in solitudine, facciamo riunioni riservate, ricevo i clienti. I miei collaboratori vanno e vengono: la condivisione avviene qui e al piano inferiore», racconta, mostrando l’ambiente, apparentemente più domestico che lavorativo. «Ricordo ancora quando arrivai per la prima volta. Era inverno, di prima mattina, e sembrava ancora buio. Ma salendo qui il sole era già alto e, guardando la vista dalla finestra, ebbi di colpo la reminiscenza del mio primo viaggio in aereo fatto da piccolo: allora il corridoio di atterraggio usato da Torino Caselle passava sopra piazza Castello e il panorama era esattamente questo», racconta Camerana. Quel ricordo divenne la linea guida per l’arredo: «I pezzi di Saarinen, visti al terminal a New York proprio in quel viaggio, i mobili laccati un po’ da cabina di aereo», dice, indicando la seduta di Aarnio e il grande box curvo blu e giallo che racchiude la cucina.
I riflessi, accentuati dagli arredi. «É un effetto voluto. Non ho cambiato nulla, anche quando, dieci anni fa esatti, ho spostato la mia casa altrove e questo è rimasto unicamente studio». La sola aggiunta sono i plastici dei tanti progetti realizzati: «Il villaggio olimpico di Torino, il Parco tecnologico dell’ambiente, la sede della Regione Piemonte», indica lui. Il tavolo quadrato non ha computer: «La tecnologia abita sotto, nell’altro studio. Io la uso di rado: preferisco disegnare». Un ufficio dalla fisionomia «umana»: emblema, il box della cucina. «Quando facciamo le riunioni con i clienti resta chiuso. Ma spesso concludiamo aprendolo, e usandolo come fosse un bar».
Qua e là, in stile casa, sono disseminati oggetti simbolo delle passioni di Camerana: modellini e cimeli legati al mondo auto («La mia Tesla in
Presenze e assenze
I plastici degli edifici progettati e la passione per i modellini di auto. «Qui, niente computer»
miniatura, le Alfa Romeo preferite, alcuni disegni che mi hanno dedicato famosi collezionisti di auto internazionali»)ma anche un tappeto anni 70 degli architetti Gabetti e Isola («I miei maestri», precisa), tanti ritratti di famiglia.
Uno studio che, oggi, diventa «casa campione»: «La Torre Littoria, da sempre della Reale Mutua Assicurazioni, diventerà solo residenziale. Il mio studio sta concludendo la ristrutturazione degli appartamenti che, per scelta della proprietà, da impianto chiuso a stanzette, assumeranno questa stessa impostazione a loft. Che realizzai allora». Intenzione di spostarsi? «Assolutamente no. Non potrei mai rinunciare alla vista e alla luce, uniche. Favoriscono la creatività».