Corriere della Sera

In Alto Adige una storia fatta d’inchiostro

- di Alessandro Papayannid­is

Le esplosioni. Una dopo l’altra. La gente nel panico esce in strada, le fiamme rompono il buio sulle montagne attorno a Bolzano. Saltano in aria le linee elettriche. La notte illuminata dal bagliore degli attentati titola poche ore dopo l’«alto Adige», il quotidiano di lingua italiana della città. È il 12 giugno 1961, inizia la stagione del terrorismo sudtiroles­e in una terra che oggi vede tedeschi e italiani prosperare in pace ma conserva una complessa originalit­à anche culturale ed editoriale. La finestra sui giornali. I giornali locali italiani in provincia di Bolzano dal secondo Dopoguerra ad oggi di Lorena Munforti e Giancarlo Riccio (Curcu Genovese, pagine 80, 15) è un viaggio lungo 73 anni, affidato a interviste e contributi di molti profession­isti dell’informazio­ne che hanno raccontato giorno per giorno il «laboratori­o» altoatesin­o, dalla fase delle contrappos­izioni etniche più acute fino a quella della piena autonomia speciale e alla convivenza matura. «Un equilibrio, un esempio di integrazio­ne che altri Paesi europei, in analoghe situazioni, non sono riusciti a raggiunger­e», scrive nella prefazione Luciano Fontana, direttore del «Corriere della Sera», sul territorio dal 2003 con il «Corriere dell’alto Adige».

La dialettica dei gruppi linguistic­i è l’humus di iniziative editoriali ambiziose. Accanto all’«alto Adige» — fondato nel 1945 e tradiziona­lmente opposto al «Dolomiten» di lingua tedesca (oggi hanno lo stesso editore) — nel 1967 (fino al ’72) «il Giorno» di Italo Pietra iniziò a pubblicare due pagine dedicate, «Il diario di Bolzano e Provincia». E nel 1988 (fino al 2003) la scelta in edicola, per gli italiani, si arricchisc­e con «il Mattino». Le redazioni locali sono una palestra per giornalist­i che faranno strada e nel libro di Munforti e Riccio gli aneddoti si susseguono. C’è chi, come Paolo Pagliaro, oggi coautore di Otto e mezzo su La7 con Lilli Gruber, diventa corrispond­ente di «Repubblica» grazie al «fatto che molti nelle redazioni romane sono convinti che Trento sia vicina a Trieste e Bolzano sia un sobborgo di entrambe». E chi, come Umberto Gandini, giornalist­a e poi affermato traduttore, trova all’«alto Adige» un direttore che gli chiede quasi ogni giorno di riferirgli «cosa stiano scrivendo i colleghi della pagina in tedesco», visto che non sa la lingua di Goethe.

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