Per il caso Diciotti ora sono indagati Conte e Di Maio
Effetto dell’autodenuncia. Salvini: io tranquillo
Per la nave Diciotti si erano autodenunciati e ora il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il suo vice Luigi Di Maio e il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli sono indagati per sequestro di persona in concorso con Matteo Salvini. La Procura di Catania ha ricevuto dal Senato le memorie con cui i tre del governo hanno scritto di aver condiviso le scelte del ministro dell’interno. Che si dice «tranquillo».
ROMA Hanno raggiunto lo scopo che forse si prefiggevano quando si sono autodenunciati: il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il suo vice Luigi Di Maio e il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli sono indagati per sequestro di persona in concorso con Matteo Salvini. La Procura di Catania ha ricevuto dal Senato le memorie con cui i tre rappresentanti del governo hanno scritto di aver condiviso le scelte del ministro dell’interno nella gestione del «caso Diciotti», con la conseguente necessità di iscrivere i loro nomi nel registro degli indagati. Ed entro il termine di due settimane previsto dalla legge trasmetterà i documenti al Tribunale dei ministri (avvisando gli interessati) con le proprie richieste.
È molto probabile che il procuratore Carmelo Zuccaro proporrà di archiviare l’accusa, avendo fatto lo stesso per Salvini. Dopodiché per il collegio di tre giudici che ha già chiesto al Senato l’autorizzazione a procedere contro il responsabile del Viminale, cominceranno a decorrere i 90 giorni entro cui potranno svolgere indagini e dovranno decidere se mandare tutto in archivio o sollecitare il Parlamento a poter processare anche i nuovi indagati. Come hanno già deliberato per Salvini. Per Conte, che non è parlamentare, la decisione spetterebbe al Senato, mentre per i deputati Di Maio e Toninelli toccherebbe alla Camera.
Ma dal momento in cui le carte arriveranno al Tribunale dei ministri, tutto si farà più incerto rispetto agli «atti dovuti» che si sono susseguiti finora. Perché si aprono dimarzo. versi possibili scenari. L’indagine a carico del premier e dei suoi colleghi di governo, infatti, non ferma la procedura avviata per Salvini, sul quale la Giunta per le autorizzazioni dovrebbe pronunciarsi martedì prossimo, e l’aula di palazzo Madama entro il 24
La vicenda Questi sono i tempi previsti dalla legge costituzionale che regola i processi ai ministri, e non è prevista una sospensione (sebbene il caso sia senza precedenti) in caso di successive imputazioni connesse. Se dunque il Senato negasse l’autorizzazione a procedere per Salvini, è possibile che questa scelta politica incida sulla decisione dei giudici, nella previsione che il «no» del Parlamento si replicherebbe per gli eventuali correi. Tuttavia non sarebbe una strada obbligata né scontata, giacché le decisioni giudiziarie restano autonome rispetto a quelle politiche.
Del resto non è nemmeno certo che i giudici — sia pure convinti che il reato di sequestro di persona dei 177 migranti lasciati per cinque giorni a bordo della Diciotti sia stato commesso — optino per la corresponsabilità penale del premier, del suo vice e del ministro dei Trasporti. Nelle memorie mandate a Catania (come chiesto subito dall’ex magistrato ed ex presidente del Senato Pietro Grasso), nessuno dei tre ha scritto di aver deciso insieme a Salvini di non concedere il permesso di sbarco, cioè l’atto concreto con cui si s’è consumato il presunto sequestro. Conte, Di Maio e Toninelli parlano di condivisione in termini più o meno generici. Il primo affermando che «le determinazioni assunte (da Salvini, ndr) sono riconducibili a una linea di politica sull’immigrazione che ho condiviso con tutti i ministri competenti, in coerenza con il programma di governo»; gli altri due sostenendo che «l’azione del governo e le decisioni del ministro dell’interno ad esse relative sono da imputarsi collegialmente in capo anche ai sottoscritti». Sempre in teoria, il tribunale dei ministri potrebbe decidere che non ci sono gli estremi del concorso penale e decidere l’archiviazione anche prima del voto del Senato, delimitando così la decisione politica sul processo al solo Salvini. Ma si tratta di ipotesi, e gli esiti sono imprevedibili. Per adesso c’è solo l’avvio della nuova indagine.