Basha, capo dell’opposizione «È un sistema marcio, nessuno fermerà il popolo»
Accuse incrociate di corruzione tra i leader dei 2 fronti
TIRANA La promessa è anche un avvertimento. «Nessuno potrà fermare la rivolta popolare, andremo avanti fino a quando non avremo scardinato questo sistema marcio, corrotto, composto da persone legate alla criminalità organizzata», dice al Corriere Lulzim Basha, 44 anni, leader del Partito democratico, ex sindaco di Tirana, ex ministro dell’interno e ora principale oppositore di Edi Rama, il premier socialista contro cui migliaia di albanesi se la sono presa ieri tentando di irrompere nel palazzo del governo.
Che ieri non sarebbe stata la solita protesta lo si era intuito lo scorso giovedì al Parlamento. Lì, davanti ai colleghi, Edi Paloka, braccio destro di Basha, si era scagliato contro Rama gettandogli dell’inchiostro con una siringa. Le accuse, gravi, di Basha vengono respinte dal premier socialista che accusa a sua volta l’opposizione di corruzione. E chiede conto a Basha di chiarire alcuni aspetti della sua vita. Come le quattro stanze che secondo la maggioranza sarebbero state aggiunte abusivamente nel suo maxi-appartamento vicino a un lago e i dubbi nulla osta rilasciati quando Basha era primo cittadino della capitale. In cambio, sostengono i socialisti, di migliaia di euro per ogni timbro.
«Qui la corruzione è galoppante», replica Basha, che imputa a Rama di aver imbrogliato alle elezioni del 2017. Elezioni che secondo gli osservatori internazionali hanno sì avuto qualche problema, ma allo stesso tempo sono state tra le migliori e con pochi incidenti ai seggi. Una spiegazione che Basha respinge. «Le intercettazioni della magistratura dimostrano che Edi Rama ha comprato i voti e i seggi attraverso il crimine organizzato in almeno quattro circoscrizioni elettorali importanti dell’albania», continua il leader dell’opposizione, «certificando» le sue accuse con il fatto che «la notizia è uscita su Voice of America».
Il politico sa cosa possono comportare le proteste di piazza. Nel gennaio 2011, quando era a capo dell’interno, quattro manifestanti vennero uccisi dalle forze di polizia proprio lì dove si è svolta la manifestazione di ieri. Quanto basta a Rama per dargli ogni volta dell’assassino.
«Ma questi al governo hanno rubato centinaia di milioni di euro di soldi pubblici», ribatte Basha. Che parla di una presunta società offshore che avrebbe preso 30 milioni con documenti falsificati. Le due accuse al governo — corruzione e brogli — portano Basha a chiedere le dimissioni, l’apertura di un’inchiesta contro i ministri e un governo di transizione «con persone senza legami con il crimine organizzato e gli oligarchi corrotti che prepari le riforme necessarie e urgenti per elezioni libere e l’avvio di un vero negoziato di adesione dell’albania all’unione europea». Secondo Basha l’esecutivo non ha ascoltato le proposte per uscire dalla crisi istituzionale. Cosa che Rama respinge da tempo, invitando l’opposizione a sedersi al tavolo. Queste proteste, che continueranno giovedì, secondo Basha non bloccheranno il processo di adesione alla Ue, l’obiettivo politico di ogni partito. «Al contrario, ci aiuteranno a entrare in Europa». Una tappa «ferma da sei anni a causa di Rama». «Ci chiamano la Colombia d’europa perché questo governo ha comprato i voti con i soldi derivanti dalla vendita di marijuana». Il traffico di droga continua a essere un problema, come segnala la Guardia di Finanza italiana. Ma lo stesso governo ricorda che la «capitale europea della marijuana», Lazarat, nel sud dell’albania, l’ha liberata proprio l’esecutivo con un blitz durato giorni.
Nel valzer di accuse e repliche più di un diplomatico europeo fa notare che «in Albania non c’è quasi mai una verità vera, ognuno dice un pezzo, guardandosi dal fornire il quadro generale».