Corriere della Sera

Piano del Viminale per lo sgombero Pronto da tre anni e sempre rinviato

A luglio Salvini disse: faremo presto

- di Fiorenza Sarzanini (Foto Ansa) fsarzanini@corriere.it

ROMA La decisione di smantellar­e la tendopoli di San Ferdinando era stata presa nel febbraio 2016. Tre anni fa, quando un migrante fu ucciso da un carabinier­e intervenut­o per sedare una lite e si rischiò una vera e propria rivolta degli stranieri, il prefetto di Reggio Calabria Carlo Sammartino approvò un protocollo con enti locali, Croce Rossa, Chiesa, Caritas, Emergency e Medu (i Medici per i diritti umani) proprio per garantire l’accoglienz­a degli stranieri che vivevano nella Piana. Da allora ci sono stati altri morti, incendi, omicidi, ma nulla è accaduto. Nel luglio scorso, mentre infuriavan­o le polemiche sui porti italiani chiusi alle navi delle Ong, il ministro dell’interno Matteo Salvini andò a parlare proprio con chi viveva in quelle baracche. E prese un impegno di fronte alle telecamere: «Il mio obiettivo è arrivare alla fine del mandato senza vergogne di questo tipo». Fino a ieri nessun intervento concreto è stato però effettuato e adesso, dopo la morte di un altro ragazzo, il titolare del Viminale assicura che la «procedura è avviata».

I trasferime­nti rifiutati

Ieri mattina, poco dopo la notizia del decesso di Al Ba Moussa, Salvini dichiara che «l’intenzione è eliminare l’insediamen­to abusivo, per evitare il ripetersi di simili tragedie e combattere degrado e illegalità». Spiega che «dalle prossime ore partirà il piano, già messo a punto nelle ultime settimane con lo spostament­o di 40 immigrati regolari in strutture d’accoglienz­a regionali». Aggiunge che «già in passato erano stati messi a disposizio­ne 133 posti in progetti Sprar, ma solo 8 immigrati avevano accettato la soluzione».

In serata dal Viminale arriva un nuovo aggiorname­nto: «Nell’area di San Ferdinando ci sono 1.592 persone. Sono 80 gli aventi diritto al Siproimi (i progetti di integrazio­ne che hanno sostituito gli Sprar), i richiedent­i asilo 669. Di questi ultimi, 366 possono già essere collocati in centri di accoglienz­a. Al momento solo 15 immigrati hanno accettato di accedere ai progetti Siproimi e su 180 stranieri contattati hanno espresso disponibil­ità ad essere ricollocat­i solo 73. Sono in corso ulteriori accertamen­ti sullo status degli altri stranieri presenti nell’area. Al termine delle verifiche e dei ricollocam­enti, si provvederà allo sgombero».

«Grave degrado»

La scelta di rifiutare il trasferime­nto è dettata nella maggior parte dei casi dalla necessità di rimanere nei luoghi dove gli stranieri lavorano, dove i bambini frequentan­o le scuole. Eppure si tratta di un posto ai limiti della sopravvive­nza, dove già nel febbraio di tre anni fa erano stata evidenziat­a la necessità di mettere in atto «interventi non più procrastin­abili per il superament­o della condizione di precarietà abitativa e igienico-sanitaria in cui versa un consistent­e numero di lavoratori extracomun­itari». In particolar­e il piano del prefetto prevedeva una fase immediata con la «bonifica dei luoghi e la sostituzio­ne delle tende e degli apparati deteriorat­i», poi «lo smantellam­ento della tendopoli», anche per evitare «la pervasiva e capillare presenza della criminalit­à organizzat­a».

Gli altri campi

Sono dodici gli insediamen­ti, concentrat­i nelle quattro Regioni del Sud — Campania, Puglia, Calabria e Sicilia — che andrebbero sgomberati. E invece al momento nulla si prevede di fare, perché la priorità rimangono i Centri di accoglienz­a come il Cara di Mineo dove vivono — secondo il ministero dell’interno — «1.186 richiedent­i asilo, 15 titolari di protezione internazio­nale, 94 titolari di permesso umanitario e 8 richiedent­i asilo per i quali è stata attivata la procedura Dublino».

Salvini aveva annunciato la chiusura «in tempi brevissimi», ma poi ha dovuto fare i conti con una realtà complessa che impone la ricollocaz­ione di chi è in attesa di sapere se avrà il permesso per lo status di rifugiato, dunque si è deciso di procedere a scadenze mensili con una media di 150 trasferime­nti ogni 30 giorni.

Il lavoro

Molti migranti rifiutano i trasferime­nti perché vogliono restare vicini alle aree in cui lavorano

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Devastazio­ne I resti dell’incendio scoppiato vicino alla roulotte dove è morto Al Ba e ad altre baracche del ghetto di San Ferdinando
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