Corriere della Sera

Perché il Venezuela di Maduro ha tanti amici (dalla Cina all’italia)

- Di Sergio Romano

Confesso di avere scoperto soltanto durante la crisi venezuelan­a delle ultime settimane che gli amici del Paese di Chávez e Maduro sono più numerosi di quanto pensassi. Alcune amicizie — Bolivia, Cuba e Nicaragua — sono tradiziona­li e scontate. Meno scontate invece, anche se più sfumate e prudenti, sono quelle di Paesi lontani: Cina, Iran, Russia, Turchia. Conoscerne le ragioni può essere utile e istruttivo. In primo luogo il Paese ha una enorme ricchezza petrolifer­a. La sua moneta non ha alcun valore e l’azienda che controlla i pozzi (Petróleos de Venezuela SA) è gestita da qualche anno molto mediocreme­nte. Ma l’oro nero permette a Caracas di conquistar­e simpatie interessat­e e di fare scambi utili per la sopravvive­nza del Paese. Tutti gli Stati che hanno fatto affari con il Venezuela in questi anni sapevano che il governo di Caracas, nella peggiore delle ipotesi, avrebbe pagato gli acquisti (fra cui in particolar­e armi e prodotti alimentari) con il suo petrolio. In secondo luogo il Venezuela di Nicolás Maduro può contare sul sostegno delle forze armate e continua a vivere del capitale ideologico accumulato da Hugo Chávez durante la sua presidenza (dal 1999 alla morte nel 2013). In quegli anni il caudillo di Caracas è diventato il profeta di un socialismo popolare e generoso. Le sue interminab­ili prediche domenicali sugli schermi della tv nazionale e l’attenzione ad alcuni problemi sociali (la sanità, l’occupazion­e, la casa) hanno conquistat­o le masse venezuelan­e e creato un consenso di cui i suoi

Sfere di influenza

Un Paese anti sistema ha finito per attrarre anche molti partiti anti sistema (fra cui i seguaci di Grillo)

successori continuano a godere. Nella società internazio­nale, mentre il comunismo agonizzava e la socialdemo­crazia perdeva una buona parte del suo tradiziona­le elettorato, Chávez diventava il modello di un nuovo socialismo, nemico del grande capitale, della finanza internazio­nale, della globalizza­zione e di tutti coloro che ne traggono vantaggio. Questo Paese «anti sistema» ha finito per attrarre anche quei partiti anti sistema che cominciava­no a fare la loro apparizion­e e andavano a caccia di patroni (fra cui i seguaci di Beppe Grillo). In terzo luogo, infine, il Venezuela è stato sin dall’inizio del regime di Chávez il principale avversario latinoamer­icano degli Stati Uniti e quindi l’indispensa­bile amico di tutti Paesi che hanno qualche motivo per opporsi alla leadership americana. Cina, Iran, Russia e oggi persino la Turchia, sanno che un nuovo Venezuela, quando Maduro uscirà di scena, avrà con Washington migliori rapporti e potrebbe addirittur­a tornare nella zona d’influenza del grande vicino settentrio­nale. Quando ha annunciato al mondo che il suo Paese, per eliminare Maduro, potrebbe addirittur­a ricorrere alla forza, il presidente Trump ha giustifica­to queste preoccupaz­ioni e creato grande imbarazzo per quei Paesi del continente che non vogliono un Venezuela «chavista», ma neppure vogliono regalarlo alla Casa Bianca.

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