L’importanza delle relazioni e l’autocritica
Caro direttore, l’eroina oggi rischia di far innamorare molti giovani e cancellare il loro futuro. Ci interroghiamo sull’antidoto? Dire a una ragazza che non c’entra nulla con quel posto è andare oltre il mero significato di queste parole, è trasmetterle le tue preoccupazioni, le tue scuse, è arrivare al suo cuore non per capire il perché, ma per mettere in discussione le tante nostre mancanze e il fallimento del mondo adulto. Se non siamo in grado di dare soluzioni, i giovani le cercano in altro o da altri. Non è possibile aspettare il disagio, dobbiamo andare a incontrarli là dove si sono persi, in quel non posto dove hanno trovato una ragione d’essere e accompagnarli con rispetto e senza giudizi a ritrovare la strada. Ricordo la fatica di due genitori nel vedere il figlio affascinato dalla droga già a 15 anni. Chiesi di portarlo al colloquio. Non riuscivano, ormai lui era incontrollabile. Li aiutai. Con un compromesso riuscirono a portarlo. «Perché in comunità ci sono cancelli e porte aperte?», chiese. «Noi aiutiamo la gente a essere felice e serena, senza costrizioni», dissi. Fu l’inizio. Lo sostenni nelle sue fatiche a essere capito dai genitori e lo invitai a venire a trovarmi senza impegno, per visitare la comunità, che spesso i ragazzi immaginano come una galera. Tornò! Andammo insieme. Lo lasciai a parlare da solo con i ragazzi. Oggi l’unica nostra arma per essere presenti nel mondo giovanile sono le relazioni che dobbiamo imparare a tessere uscendo dai nostri comodi spazi, dalle nostre comunità, ambulatori e studi, in cerca del vero disagio. Solo sentendo su di noi la fatica e il peso delle fragilità dell’altro, saremo in grado di andare oltre la punta dell’iceberg, penetrare in modo virale in quel dna del disagio e modificarlo profondamente. L’incontro con l’altro deve portare anche a un nostro cambiamento. Michele è in comunità da mesi, non è mai scappato, ha ripreso gli studi e ritessuto le relazioni coi genitori.