Protesta del latte, bozza di accordo a 72 centesimi
NUORO Studiava Lingue all’università e da un giorno all’altro si è ritrovata un gregge da portare al pascolo, pecore e capre da mungere. Daniela Poggiu, nuorese, pastora per dovere e poi perché «questo è un lavoro duro, ma mi è entrato nel cuore ed è sempre meglio che star dietro cumuli di scartoffie chiusi in una stanza». Combattente della guerra del latte ma non pasionaria: «Migliaia di litri sparsi sulle strade può andar bene una volta. Buttarlo via per giorni è calpestare fatica, inutile spreco. Meglio regalarlo a chi sta peggio di noi».
Ha 27 anni, brunissima, piccoletta, solida. Pastora per caso?
«Mi piace di più pastoressa. Mio padre avrebbe voluto un figlio maschio. Ha avuto tre donne. È mancato all’improvviso tre anni fa. Diceva: “Mi piacerebbe che qualcuno continuasse”. Avevamo più di 200 pecore e una trentina di capre. Io, la più grande, ero al secondo anno all’università di Sassari. Da piccola volevo fare la maestra, come mia madre. Però mi piaceva anche la vita di campagna. Ho fatto una scelta e sono contenta».
Alzarsi all’alba, governare il bestiame, mungere...
«Ho dovuto imparare immediatamente. Mi aiuta uno zio, geometra. Lavora in uno studio di architettura, ma se la cava bene col gregge. D’inverno cominciamo che è ancora buio: spingiamo le pecore nel ricovero, si munge, si mette il latte nel refrigeratore, liberiamo le pecore. Poi mio zio va in ufficio, io preparo il formaggio. Stessa cosa nel pomeriggio. Sino a quando le pecore si riportano nella stalle ed è già buio».
Così tutti i giorni.
«Non ci sono vacanze. Con pioggia, gelo e sole che spacca la pietre. Per mungere ci vuole mano. Nel tempo che mio padre ci impiegava con 30 pecore, io riuscivo con appena 4. Ora sono veloce. Ma sforzare i polsi è doloroso. Ho una infiammazione, dovrò fare
Settantadue centesimi. Si è fermata lì, per adesso, la bozza di accordo raggiunto ieri dopo una riunione di circa nove ore alla prefettura di Cagliari, con il ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio, il presidente della Regione Sardegna Francesco Pigliaru, pastori e industriali, per il prezzo del latte ovino sardo. L’ipotesi di accordo prevede un prezzo base, Iva compresa, di 72 centesimi al litro (12 in più di quello pagato oggi) per febbraio, marzo e aprile. Si tratta di un «acconto» che a maggio sarà rivalutato sulla base di una serie di misure che governo e Regione metteranno in campo. A fine ottobre è prevista un’altra verifica che dovrebbe portare a un ulteriore aumento. Si punta a
D’inverno iniziamo che è buio E non c’è vacanza: si lavora con pioggia, gelo e sole che spacca le pietre
Con le capre ho più confidenza. Le chiamo per nome e vengono: Gonaria, Gianna, Isma, Sofia, Becca
raggiungere un euro al litro. «Possiamo dire di aver iniziato un nuovo percorso, con un governo che non ha usato la repressione ma il dialogo», ha detto il vicepremier Matteo Salvini. L’intervento di governo e Regione prevede il ritiro di 60 mila tonnellate di produzione di pecorino romano per far aumentare il prezzo del formaggio e quindi del latte. I pastori interromperanno per tre giorni la mobilitazione per non bloccare il conferimento del latte e riprendere a far lavorare i caseifici. «Non abbiamo preso ancora decisioni, vedremo insieme cosa fare. Non sono soddisfatto del prezzo ma ho fiducia, secondo me si potrà arrivare all’euro», ha detto Gianuario Falchi, un rappresentante dei pastori.
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