«Fermare gli allevamenti di animali da pelliccia»
La campagna e la proposta Brambilla: «Serve una moda etica, multe e condanne per chi le vende»
I numeri
● Sono circa 70 milioni gli animali allevati per l’industria della moda (lo dice il «Dossier pellicce» diffuso ieri dalla Lega italiana per la difesa animali e ambiente)
● Tra questi: visoni, ermellini, zibellini, volpi, cincillà
A due giorni dall’inizio di Milano Moda donna, Michela Vittoria Brambilla lancia una nuova campagna contro le pellicce. Un appello duplice: «Alle signore e al Parlamento» ha spiegato ieri, a Milano, la deputata di Forza Italia e presidente del Movimento animalista, presentando l’iniziativa, dal titolo «La sofferenza non va di moda».
«È un appello alle donne, perché nella settimana in cui bellezza ed eleganza sono sotto i riflettori, smettano di indossare cadaveri». E poi: «Un appello al Parlamento, perché è la seconda legislatura in cui deposito la proposta di legge per vietare l’allevamento di animali da pelliccia. Poi è mandata in Commissione agricoltura dove puntualmente è insabbiata dai colleghi attenti a difendere gli interessi di allevatori e cacciatori».
«L’italia — prosegue — è fanalino di coda su questo tema e invece dovrebbe seguire l’esempio di altri Paesi: sono 18 le nazioni e le regioni europee che hanno bandito o eliminato gradualmente l’allevamento di animali da pelliccia. Tra loro l’olanda, che era uno dei maggiori produttori».
Per il «Dossier pellicce», diffuso ieri dalla Lega italiana per la difesa animali e ambiente, sono circa 70 milioni gli animali allevati per l’industria della moda. Tra questi visoni, ermellini, zibellini, volpi, cincillà. In Italia, stando al report 2018 dell’associazione italiana pellicceria, gli allevamenti sono 25, sparsi fra Lombardia, Veneto, Emiliaromagna e Abruzzo.
La proposta di legge ne prevede la dismissione, con l’affidamento degli animali alle associazioni animaliste e, ove possibile, il loro reinserimento in natura. Chiede poi la reclusione fino a due anni per chi vende pellicce ricavate da animali allevati, catturati o uccisi in Italia e un’ammenda da mille a cinquemila euro per ciascun animale. «Credo che ci si debba convertire a una moda etica, dato che, come dice il rapporto Eurispes del 2016, l’86,3 per cento degli italiani è contrario all’allevamento di animali da pelliccia».
Brambilla ha poi citato gli ultimi marchi e le case di moda che hanno scelto la via furfree: «Chicco, Furla, Versace, Gucci, Armani. Andrebbero premiati, perché finché le donne italiane continueranno a comprare le pellicce, le torture a cui sono sottoposti questi animali non potranno finire. Occorre consapevolezza: a volte le pelli le ritroviamo sotto forma di inserti nelle calzature o come abbellimento negli abiti per bambini».