SALVARE IL DIRITTO D’AUTORE PER AVERE ANCORA FILM E GIORNALI
Caro Aldo, l’ue ha trovato un accordo sul copyright con le grandi piattaforme online. L’italia ha votato contro, come aveva già fatto sul tema Venezuela, impedendo di raggiungere l’unanimità. La questione è questa: quando società come Google o Facebook utilizzano testi, articoli, musiche o audiovisivi, dovranno riconoscere una remunerazione agli autori. Poiché anche l’attività intellettuale è un lavoro, sembra ragionevole che venga ricompensato. Perché il governo italiano non è d’accordo con l’ovvia conclusione?
Caro Gianfranco,
Da tempo sono convinto che la rete sia una formidabile macchina per distruggere quanto l’uomo ha scritto, pensato, composto, filmato in questi secoli. È vero che la musica non è mai stata tanto ascoltata quanto oggi, e in fondo anche gli articoli di giornale sono più letti di un tempo. Ma la rivoluzione digitale è ancora più profonda di quella di Gutenberg. La stampa diffuse i libri, che però restavano sempre gli stessi libri: la Bibbia rimaneva la Bibbia, Dante era pur sempre Dante. La rete sconvolge il modo di esprimersi. Cambia il linguaggio e la sintassi, distrugge la concentrazione, abbatte i tempi di attenzione. I ragazzi, tranne rare eccezioni, non vanno al cinema o a teatro, perché le due ore di un film o di una rappresentazione sono per loro un tempo infinito; in quelle stesse due ore hanno visto cento filmati di Youtube o mandato duecento messaggi su Whatsapp. I libri dei blogger, degli youtuber, degli influencer non sono libri; sono autografi a pagamento, e infatti vengono venduti a migliaia ma preferibilmente in presenza degli autori che firmano le copie. Poi magari la cultura e gli artisti grazie alla sfida del web rifioriranno, come spera Baricco. Magari invece si sbaglia. Di sicuro i giornali sono sotto attacco. Hanno retto alla tv; stanno soccombendo alla rete. Che ci ruba il frutto del nostro lavoro senza pagare diritti, rastrella la pubblicità, a differenza degli editori tradizionali non paga le tasse in Italia se non in minima parte, e per soprammercato addita i giornalisti a ingranaggi del sistema. Ovviamente ai partiti nati dalla rete come i 5 Stelle la difesa del diritto d’autore non garba. Eppure va fatta, se vogliamo salvare l’industria culturale e non sprofondare nell’abisso dei vaffa che ormai segnano la discussione pubblica.