Corriere della Sera

Popolo-contro-élite? Gioco pericoloso

- di Beppe Severgnini

Guardate il video che mostra il filosofo francese Alain Finkielkra­ut mentre rischia di essere pestato per strada, ieri a Parigi. La folla — gilet gialli, caschi, mascherine, occhiali da sole — lo insegue e lo insulta: «La Francia è nostra!», «Brutta merda!», «Sporco ebreo!», «Il popolo ti punirà».

Ringrazio il nostro corrispond­ente a Parigi, Stefano Montefiori, di avercelo segnalato. Non si tratta solo di un episodio angoscioso, ma di un allarme che ormai suona fortissimo. Chi non lo sente è perché non lo vuol sentire.

L’antisemiti­smo esibito senza conseguenz­e è spaventoso. E un’affermazio­ne, ripetuta più volte, lascia senza fiato: «Noi siamo il popolo». Ma chi l’ha detto? Perché una minoranza aggressiva deve arrogarsi il diritto di chiamarsi «popolo»? Se glielo permettiam­o, diventerà maggioranz­a, prima o poi. E, a quel punto, può accadere qualsiasi cosa.

Mi è capitato di parlare con un francese che occupa un posto importante in Italia, e conosce entrambi i Paesi. Era, come me, sbalordito dalla scarica di attacchi gratuiti che il governo di Roma sferra contro quello di Parigi. Ma sosteneva una tesi che non condividev­o: «La protesta violenta dei gilet gialli dimostra il carattere forte dei francesi, mentre l’assenza di scontri in Italia rivela la vostra rassegnazi­one». Non è così, gli ho detto. I non-violenti non sono rassegnati; sono lungimiran­ti. L’italia possiede una strana saggezza preterinte­nzionale: imitateci, invece di fingervi orgogliosi dei vostri errori.

Ma anche noi dobbiamo stare attenti. La contrappos­izione tra «élite» e «popolo» non è solo una parodia fuori tempo massimo della «lotta di classe». Non è un inoffensiv­o gioco di società, una sorta di Dopofestiv­al prolungato e diffuso. Non è un altro disperato tentativo di sentirsi «dalla parte del popolo» (ragazzi, certi vecchi arnesi della sinistra anni 70 non mollano mai!). Non può diventare neppure un’astuta semplifica­zione elettorale. Giocare a popolo-contro-élite è pericoloso. Un buon libro appena uscito — «Il censimento dei radical chic» (Feltrinell­i) di Giacomo Papi — propone una satira surreale della società tronfia e orgogliosa della propria ignoranza. Uno legge e sorride. Poi guarda Finkielkra­ut che si schiaccia impaurito contro il muro e pensa: non c’è niente da ridere.

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