Ma l’italia meritava di più
Una giuria pilatesca ha chiuso l’era Kosslick con un verdetto francamente incomprensibile: l’orso d’oro e quello per la miglior regia sono andati a due film chiusi nelle loro pretese d’autore (il francoisraeliano Synonymes e il tedesco Ich war zuhause, aber), francamente incapaci di uscire dai loro limiti autoreferenziali mentre ha dimenticato alcuni dei titoli più interessanti e innovativi, come il macedone Gospodo postoi, imeto i’ e Petrunija o il mongolo Öndög. L’italia può essere soddisfatta: il premio per la sceneggiatura di La paranza dei bambini riconosce un lavoro non scontato su un tema a rischio, che il film scritto da Roberto Saviano, Maurizio Braucci e dal regista Claudio Giovannesi ha saputo affrontare senza cadere nelle trappole che l’argomento si portava dietro: spettacolarizzazione della violenza e cedimenti melodrammatici. Forse poteva aspirare a qualcosa di più ma ci sarebbe voluta una giuria meno schiava di certi pregiudizi critici e probabilmente meno succube della
Yong Mei, presidentessa Juliette Binoche che ha riportato in Francia il primo e il secondo premio, quest’ultimo andato a François Ozon e al suo Grâce à Dieu, decisamente più meritato. Così come è condivisibile il doppio premio, al miglior attore e alla miglior attrice, andato agli interpreti di So Long, My Son di Wuang Xiaoshuai: marito e moglie alle prese con la morte del proprio figlio e i cambiamenti della società cinese, capaci di attraversare trent’anni di storia e di cronaca senza dare mai l’impressione di una stonatura o di un passo falso. Difficile capire invece anche cosa apra di «nuove prospettive» (questa la motivazione di un Orso d’argento) il film tedesco Systemsprenger di Nora Fingscheidt, centrato su una ragazzina talmente ribelle a ogni tipo di regola da annullare ogni tipo di progressione drammatica. Resta il fatto che la Germania non aveva mai avuto tanti riconoscimenti nelle ultime edizioni del festival e anche per questo Kosslick sarà sostituito l’anno prossimo dall’italiano Carlo Chatrian: probabilmente la giuria ha volto fargli una specie di regalo d’addio.