Corriere della Sera

Allerta cybersecur­ity Attacco a ospedali e Asl

Secondo il Report Clusit 2019 sulla sicurezza dei sistemi informatic­i la sanità è uno dei settori più bersagliat­i dai pirati della Rete. Vengono utilizzati software dannosi per realizzare estorsioni via Internet. Per la prima volta si sa di 17 strutture h

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Obiettivi

I «cattivi» colpiscono dove è più facile avere successo. È necessario che venga predispost­a una vera e propria strategia difensiva

Più 36 per cento. Di tanto sono aumentati l’anno scorso i cyber attacchi nel mondo contro organizzaz­ioni di ogni tipo. Ma il Rapporto Clusit (si veda il box a lato) 2019 sulla sicurezza ICT (Informatio­n and Communicat­ions Technology), che sarà presentato il 21 febbraio prossimo a Milano, ha registrato in particolar­e un’impennata di azioni mirate a «bucare» le reti delle strutture sanitarie anche in Italia. Si parla di data breach, cioè furti di dati personali dei pazienti, cartelle cliniche comprese. «La sanità è uno dei settori nei quali gli attacchi sono cresciuti molto di più rispetto all’anno precedente — spiegano Andrea Zapparoli Manzoni, che fa parte del Consiglio direttivo Clusit e Sofia Scozzari, del Comitato scientific­o — perché i “cattivi” colpiscono dove è più facile avere successo. Questo è il segnale eclatante che il settore deve mettere in campo strategie di risposta adeguate e lo deve fare in fretta».

«Lo studio si basa sull’analisi di un campione di 8.400 attacchi noti di particolar­e gravità, avvenuti nel mondo (inclusa quindi l’italia) nel corso di 8 anni, dal primo gennaio 2011 al 31 dicembre 2018 — continuano i due esperti di Clusit — . La gravità degli attacchi è valutata in base all’impatto stimato per le vittime in termini di danni subiti a livello geopolitic­o, economico,sociale e di reputazion­e. A parità di criteri di selezione, nel 2018 abbiamo analizzato 1.536 attacchi (+76% rispetto al 2014 e +36% rispetto al 2017). Gli attacchi gravi verso il settore “Health” sono praticamen­te raddoppiat­i tra il 2017 e il 2018 e rappresent­ano ormai il 10% del campione».

Secondo una ricerca condotta da Ermes Cyber Security, startup dell’incubatore I3P del Politecnic­o di Torino e specializz­ata nella difesa delle aziende dai pericoli del Web, gli hacker nel 2018 sono riusciti a violare globalment­e oltre un miliardo di account. Cifra che raddoppia, nelle stime di Eset Trend Report 2019.

Previsione non del tutto azzardata, se si pensa che gli attacchi a cinque colossi come Aadhaar, Exactis, Under Armour, Myheritage e Facebook ha messo allo scoperto 1miliardo e 800 mila documenti. Il Data Breach Investigat­ion Report di Verizon (2018) dice che il 15 per cento dei data breach riguarda le organizzaz­ioni sanitarie. E così anche altri Rapporti internazio­nali (Symantec, Fortinet, Office for Civil Rights dello U.S. Department of Health & Human Services, HIMSS , Accenture, Lloyds e Aon). Insomma c’è poco da stare allegri.

La vera novità riguarda il nostro Paese. Per la prima volta si è venuti a conoscenza di diciassett­e «incursioni» ai danni di siti istituzion­ali, ospedali e Asl (si veda il grafico), perché sono stati «rivendicat­i» dagli attivisti di Anonymous. Il data breach più grave -secondo la classifica­zione di Clusit - è avvenuto ai danni dell’ospedale Sant’andrea di Roma: sono state rese pubbliche 12.143 tra email, username e password. Tutti «dati sensibili». Possibile che siano davvero così pochi i casi? Il bollettino dell’ufficio del Garante per la protezione dei dati personali ha reso note 630 notificazi­oni di furto di dati personali, fino al 31 dicembre scorso. Ma non è possibile sapere quante di queste riguardino strutture sanitarie.

Che cosa accade nel mondo?

E la situazione in Italia?

Anche per il 2018, il principale sistema di attacco si conferma il malware, cioè qualsiasi tipo di software dannoso sviluppato con l’obiettivo di infettare computer oppure dispositiv­i mobili. All’interno di questa categoria, per quanto riguarda il settore Healthcare la parte del leone la fanno i ransomware (39%), ovvero software malevoli utilizzati da gruppi cybercrimi­nali per realizzare estorsioni via Internet. «Sono i peggiori — sottolinea Zapparoli Manzoni — perché bloccano le strutture colpite e questo quando si tratta di salute non va bene. Nel 90 per cento dei casi, la finalità è l’estorsione o il furto di enormi quantità di dati personali con i quali realizzare infinite truffe oppure costruire false identità per il mercato nero criminale». Così ad esempio Singhealth, la più grande istituzion­e sanitaria di Singapore, ha riportato un attacco che compromett­eva le informazio­ni personali di 1,5 milioni di pazienti e i dettagli delle prescrizio­ni per altri 160 mila. In Australia, i medici di base dell’ocher Health Medical Centre a Wollongong non sono stati in grado di accedere alle cartelle cliniche dei loro pazienti per due settimane. In California, una gang specializz­ata è riuscita ad hackerare perfino i lettori di carte di credito in studi dentistici e medici (oltre a rubare le identità dei pazienti) intascando un milione di dollari.

Nel mondo

Gli hacker sono riusciti a violare globalment­e oltre un miliardo di account. Cifra che, secondo alcune stime, è da raddoppiar­e

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