IL MUSEO DELL’ITALIANO SERVE IL «SÌ» DEL GOVERNO (E L’AIUTO DEI PRIVATI)
Esistono sessanta musei permanenti dedicati alle lingue in tutto il mondo. Ma non in Italia, dove è nata prima la lingua dell’idea stessa del nostro Paese. Una lacuna sottolineata da decenni: nel 2003 con una straordinaria mostra «Dove il sì suona. Gli italiani e la loro lingua» allestita alla Galleria degli Uffizi a Firenze dalla Società Dante Alighieri. Nei mesi scorsi questa idea ha dato contenuti e titolo a un libro di Giuseppe Antonelli «Il museo della lingua italiana» (Mondadori). Ora è una proposta concreta. I vertici delle istituzioni culturali che si occupano della lingua italiana si sono riuniti a Roma nella sede della Società Dante Alighieri invitati dal segretario generale Alessandro Masi. C’erano Giuseppe Antonelli, Luca Serianni e Lucilla Pizzoli, coautori di «Storia illustrata della lingua italiana» (Carocci), il presidente dell’accademia della Crusca, Claudio Marazzini, autore de «L’italiano è meraviglioso» (Rizzoli), il presidente dell’asli-associazione per la storia della lingua italiana, Michele Cortelazzo, e Marco Mancini, dell’accademia dei Lincei. Con un progetto preciso: dare vita a un museo della lingua popolato di oggetti ma con un’anima virtuale. Diffuso e non polarizzato. Un luogo dell’esperienza che unisca oggetti, voci, copie in facsimile delle opere fondamentali da poter toccare e sfogliare. Ma anche il meglio delle opportunità offerte dalla virtualità. Che tenga conto della «polifonia» dell’italiano e degli apporti regionali, aperto a ipotesi creative come un jukebox della poesia. Dove realizzarlo in fondo conta poco, serve un centro aggregativo per coordinare le iniziative e una parte itinerante. Più importante legarlo a un logo riconoscibile con il «Sì», il simbolo della nostra lingua. L’idea del Museo della lingua italiana dovrebbe essere sostenuta dallo Stato, in primo luogo dal ministero per le Attività culturali, dal ministero dell’istruzione e dal ministero degli Esteri, visto che l’italiano è la quarta lingua culturale studiata al mondo. Ma nessuna illusione sui finanziamenti pubblici, quindi massima apertura agli sponsor privati. Idee, disponibilità e determinazione ci sono, ora serve che i responsabili dei dicasteri diano una risposta. L’italiano merita che trovino le parole giuste.