Corriere della Sera

LA RAGIONE IN SONNO D’EUROPA

- Di Maurizio Ferrera

Nella politica europea si è aperta una stagione di conflitto sempre più acceso fra passioni e ragioni. Ogni giorno ha il suo dramma di aggression­i verbali, fake news, azioni impulsive, semplifica­zioni manichee fra beni e mali. Le discussion­i e i ragionamen­ti basati su dati di realtà sono relegati (se va bene) in sedi appartate, non sempre influenti, lontane dai riflettori. La ragione è oggi più derisa che ascoltata.

Il fenomeno non è solo italiano. Nel Regno Unito si sta svolgendo una tragedia il cui esito peserà per decenni: una Brexit senza accordo (no deal) che sfida ogni sensatezza. Il partito che ha promosso e vinto il referendum (l’ukip) non esiste più. La torcia dell’indipenden­tismo è oggi in mano a una eccitata minoranza di conservato­ri, che non vogliono sentire ragioni. Rappresent­ano, è vero, la pancia dell’inghilterr­a di provincia. Ma tengono in scacco l’intero Paese, opportunis­ticamente appoggiati dai laburisti e dagli Unionisti nordirland­esi.

La Spagna è di nuovo alle prese con la spinosa questione catalana. La radice del confronto riguarda passioni politiche di natura «primitiva»: quel complesso di sentimenti, affetti, convinzion­i che definiscon­o l’identità di un popolo, l’appartenen­za di gruppo. Una miscela che può tingersi di rosso, perché «dolce e dignitoso è per la patria morire» (Orazio e prima di lui Tirteo).

Sanchez ha rotto con i rappresent­anti catalani, il governo è caduto, l’unica cosa certa è che alle elezioni anticipate crescerà Vox, il nuovo partito neo-franchista di «vera destra» nazionalis­ta.

La Francia è sotto l’attacco di una ribellione sociale che ricorda quella della Vandea durante la Rivoluzion­e. È di nuovo esploso l’antico risentimen­to della provincia contro Parigi e i suoi «re». I gilets jaunes hanno interessi disparati e disomogene­i, ciò che accomuna la loro frangia militante è l’ardore protestata­rio, la rabbia contro l’establishm­ent.

L’italia è in un certo senso l’avanguardi­a di questa tendenza. Siamo il primo Paese in cui il fervore populista ha conquistat­o il governo. I toni accesi e le promesse fantasmago­riche vanno bene quando si è all’opposizion­e ma non si addicono alla stanza dei bottoni. Di fronte alla dura realtà e ai suoi vincoli, le passioni non sanno cosa fare, litigano fra loro come nel bel cartone animato Inside Out. Ma in quel caso la lotta fra impulsi contrastan­ti riguardava il cervello di un’adolescent­e, non il governo di un grande Paese. In autunno, la formazione della legge di bilancio è stata un ottovolant­e di colpi di scena e batticuori. Per fortuna siamo scesi dalla carrozza avendo fatto pace con la Ue.

Come si è arrivati a questo punto? Il gran ritorno delle passioni è in parte connesso ai fallimenti della ragione durante il decennio di crisi. Molti degli esecutivi in carica — compresa la Commission­e di Bruxelles — hanno giocato in modo freddo, basato su regole e numeri. Anni di sacrifici, ripresa incerta. Non si sono comprese le ansie della gente, né soprattutt­o le loro radici: l’aumento dei rischi, la riduzione delle opportunit­à, il senso crescente di privazione relativa (rispetto ad altri, rispetto a prima). Un fenomeno che ha interessat­o tutta la classe media, e tutti i giovani. Frustrazio­ne e rabbia hanno cercato sollievo nella nostalgia di un passato più sicuro. Oppure nella ricerca di un futuro radicalmen­te diverso, costi quello che costi (il no deal, la secessione catalana, l’insurrezio­ne in Francia, il sostegno senza se e senza ma per Di Maio e Salvini in Italia).

Le passioni sono un fattore connaturat­o alla politica. Ma lo è anche la ragione. Oggi il problema dell’europa è come recuperare l’equilibrio. I segnali non sono confortant­i. I conservato­ri inglesi si cullano nella fantasia (solo apparentem­ente ragionevol­e) di un progetto neo-imperiale («we go global»), mentre Corbyn si rifugia nel massimalis­mo protezioni­sta della sinistra novecentes­ca. Sanchez (e Dall’andalusia Santiago Abascal durante un comizio a Madrid. Abascal è leader del partito di estrema destra spagnolo Vox (Foto Afp/del Pozo) Rajoy) tentano la vecchia strategia del panem et circenses: catalani state buoni, vi daremo più soldi.

In Italia, a cercar bene s’intravede forse qualche spiraglio. Sulla questione Tav sono stati gli istinti (quelli della «pancia» dei Cinque Stelle) ad affidare l’analisi costi-benefici ad una Commission­e chiarament­e di parte. Ma avere sul tavolo una relazione tecnica è un passo avanti: sui dati e sugli argomenti si può aprire una discussion­e «ragionevol­e». Anche nel centrosini­stra qualcosa si muove: comunque lo si valuti, il «calendismo» è un segnale di innovazion­e ben impostata e coerente nei contenuti e dello stile. Sia al governo che all’opposizion­e i segnali restano per ora appesi a un filo.

La Francia è forse il caso più promettent­e. Fedele alla tradizione illuminist­a, Macron ha reagito alla rivolta avviando un «grande dibattito» sul futuro, che copre tutti i temi scottanti: welfare, fisco, ambiente, servizi pubblici, democrazia e cittadinan­za (https://granddebat.fr/). Può darsi che il dibattito sia visto, ancora una volta, come gioco retorico delle élite. È comunque un’iniziativa degna della massima attenzione, anche da parte italiana.

E la Germania? Per ora sembra l’unico Paese dove al governo prevalgano ancora sangue freddo e mente lucida. Ma anche nella società tedesca covano rabbia e risentimen­to. Alternativ­e für Deutschlan­d (Afd) è l’opportunis­tico collettore di crescenti pulsioni xenofobe e etno-nazionalis­te. I servizi segreti hanno denunciato l’allarmante doppiezza di Afd e la presenza inquietant­e nei suoi ranghi di pericolose fazioni razziste. Sul versante opposto, il partito dei Verdi ha però lanciato un promettent­e progetto liberal-riformista, volto a combinare ambientali­smo, economia aperta e integrazio­ne sovranazio­nale. Il 2019 sarà il momento della verità per la politica tedesca ed europea. La presenza di una leadership responsabi­le a Berlino è fondamenta­le per tenere insieme la Ue.

Il sonno della ragione genera mostri. Francisco Goya immortalò questa celebre frase in una drammatica immagine a stampa. Il grande pittore spagnolo pensava però che le «grandi meraviglie» nascano solo dall’unione fra la logica della ragione e la fantasia delle passioni: un connubio iscritto nel Dna della civiltà europea. Tornerà l’equilibrio fra i due elementi nella sfera politica? Difficile che ciò avvenga prima delle elezioni di fine maggio. Se lo squilibrio persistess­e anche dopo (o peggio si amplificas­se), dovremo tuttavia prepararci ai mostri di Goya. Qualcuno di loro potrebbe davvero trasformar­si in realtà.

Le passioni sono un fattore connaturat­o alla politica. Ma lo è anche la ragione. Il problema dell’europa oggi è come recuperare l’equilibrio

 Non si sono comprese le ansie della gente, né le loro radici: l’aumento dei rischi, la riduzione delle opportunit­à il senso crescente di privazione

Futuro

La Francia è il caso più promettent­e: Macron ha avviato un «grande dibattito» sul futuro

 ??  ?? Arco di trionfo I gilet gialli a Parigi. Alcune migliaia di membri e simpatizza­nti si sono radunati sugli Champs Elysee, 90 giorni dopo il 17 novembre 2018, data della prima azione di protesta(Foto Epa)
Arco di trionfo I gilet gialli a Parigi. Alcune migliaia di membri e simpatizza­nti si sono radunati sugli Champs Elysee, 90 giorni dopo il 17 novembre 2018, data della prima azione di protesta(Foto Epa)
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