Corriere della Sera

Tra errori e omissioni si spinge il Sì (che è un No)

- Di Giovanni Bianconi

Sembra un quesito formulato per spingere i votanti a scegliere il Sì (cioè il No all’autorizzaz­ione a procedere, grazie all’inversione della domanda che tutti logicament­e si pongono), quello sottoposto agli attivisti del Movimento 5 Stelle sul destino giudiziari­o di Matteo Salvini. Non solo per com’è scritto, ma per le argomentaz­ioni illustrate nelle spiegazion­i di accompagna­mento. Ai votanti si chiede: «Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribu­ire i migranti nei vari Paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?». Chi risponde Sì si dichiara contrario ad autorizzar­e il processo e viceversa. Tuttavia nella domanda manca un dettaglio fondamenta­le: ciò che viene definito solo un banale «ritardo», per i giudici è un reato; un sequestro di persona ai danni di 177 migranti (non 137 com’è scritto), commesso dal ministro dell’interno con la mancata concession­e del permesso di sbarco. Questo è il punto di partenza su cui il Senato non può interloqui­re, e di conseguenz­a nemmeno chi vota via Internet. La decisione da prendere è se il presunto reato fosse giustifica­to dalla necessità di tutelare un «interesse dello Stato costituzio­nalmente rilevante» o un «preminente interesse pubblico», come recita l’articolo 9 della legge costituzio­nale che regola i processi ai ministri. Nel quesito grillino si dà per scontato che l’obiettivo perseguito dal governo di condivider­e con l’europa la gestione dei migranti avesse queste caratteris­tiche, mentre scontato non è. La domanda corretta sarebbe: l’ipotetico reato attribuito a Salvini, è giustifica­to dalla tutela di un interesse «costituzio­nalmente rilevante» o «preminente» rispetto alle violazioni di legge contestate al ministro? La scomparsa di un paio di aggettivi non è irrilevant­e, poiché cambia la sostanza della questione. I senatori (e quindi gli attivisti grillini) non devono decidere se Salvini abbia agito su mandato del governo e/o per motivi politici, come hanno pacificame­nte ammesso gli stessi giudici, bensì se il mandato e i motivi siano così importanti da costituire un salvacondo­tto per evitare il processo. Ecco perché non è sufficient­e che il ministro abbia agito «per interesse dello Stato», come riassunto nel quesito; per superare il reato l’interesse dev’essere preminente (in questo caso sulla libertà dei migranti) e costituzio­nalmente rilevante. Secondo la legge, ma non secondo il referendum indetto sul Blog delle Stelle.

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