Tra errori e omissioni si spinge il Sì (che è un No)
Sembra un quesito formulato per spingere i votanti a scegliere il Sì (cioè il No all’autorizzazione a procedere, grazie all’inversione della domanda che tutti logicamente si pongono), quello sottoposto agli attivisti del Movimento 5 Stelle sul destino giudiziario di Matteo Salvini. Non solo per com’è scritto, ma per le argomentazioni illustrate nelle spiegazioni di accompagnamento. Ai votanti si chiede: «Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari Paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?». Chi risponde Sì si dichiara contrario ad autorizzare il processo e viceversa. Tuttavia nella domanda manca un dettaglio fondamentale: ciò che viene definito solo un banale «ritardo», per i giudici è un reato; un sequestro di persona ai danni di 177 migranti (non 137 com’è scritto), commesso dal ministro dell’interno con la mancata concessione del permesso di sbarco. Questo è il punto di partenza su cui il Senato non può interloquire, e di conseguenza nemmeno chi vota via Internet. La decisione da prendere è se il presunto reato fosse giustificato dalla necessità di tutelare un «interesse dello Stato costituzionalmente rilevante» o un «preminente interesse pubblico», come recita l’articolo 9 della legge costituzionale che regola i processi ai ministri. Nel quesito grillino si dà per scontato che l’obiettivo perseguito dal governo di condividere con l’europa la gestione dei migranti avesse queste caratteristiche, mentre scontato non è. La domanda corretta sarebbe: l’ipotetico reato attribuito a Salvini, è giustificato dalla tutela di un interesse «costituzionalmente rilevante» o «preminente» rispetto alle violazioni di legge contestate al ministro? La scomparsa di un paio di aggettivi non è irrilevante, poiché cambia la sostanza della questione. I senatori (e quindi gli attivisti grillini) non devono decidere se Salvini abbia agito su mandato del governo e/o per motivi politici, come hanno pacificamente ammesso gli stessi giudici, bensì se il mandato e i motivi siano così importanti da costituire un salvacondotto per evitare il processo. Ecco perché non è sufficiente che il ministro abbia agito «per interesse dello Stato», come riassunto nel quesito; per superare il reato l’interesse dev’essere preminente (in questo caso sulla libertà dei migranti) e costituzionalmente rilevante. Secondo la legge, ma non secondo il referendum indetto sul Blog delle Stelle.