Il sarcasmo del leader leghista: basta non sia come a Sanremo
Salvini auspica un voto trasparente. E poi: crisi possibile? Ma che dicono?
MILANO «Ma sono loro ad avere fatto uscire ‘sta roba? Ma perché?». Matteo Salvini scuote la testa. Ha appena letto l’agenzia in cui fonti governative del Movimento Cinque Stelle danno per «probabile» una crisi di governo qualora dal Movimento arrivasse il via libera al processo per il vicepremier leghista riguardo ai fatti della nave Diciotti. Poi, ospite di Giletti a Non è l’arena, su La7, chiarisce che il governo va avanti «a prescindere da me». E sul voto sul blog aggiunge: «Giusto ascoltare i militanti, basta che poi non finisca come a Sanremo in cui la giuria ribalta il voto popolare. Spero ci sia più trasparenza».
Il leader leghista non fa che ripeterlo: lui su quella vicenda è tranquillissimo. Persino se si arrivasse al processo: «Ma certo. Se dovessero dirmi che si sta ripetendo quello che è accaduto con la Diciotti, io farei esattamente la stessa cosa. Punto per punto». Il leader leghista si ferma un attimo come colpito da un pensiero: «Però, guarda il caso, sono settimane che dalla Libia non arriva assolutamente nessuno». Salvini cerca un dato sul telefonino: «Gli sbarchi a oggi sono stati 215 a fronte dei 5.000 dell’anno scorso. Vuoi vedere che tutto questo è servito?». Ma è proprio sicuro che il processo non rappresenterebbe un problema? «Certo, mi spiacerebbe. Ma io ritengo di rispettare il lavoro dei magistrati e spero che anche i magistrati rispettino quello del governo». Semmai, la preoccupazione per l’eventuale processo circola tra alcuni leghisti riguardo ad alcune questioni
L’italia è troppo importante per dipendere da Salvini, il governo va avanti a prescindere da cosa si deciderà pro o contro di me
Gli sbarchi fino ad oggi sono stati 215 a fronte di 5.000 del 2018. Vuoi vedere che tutto questo è servito? Motivo in più per stare tranquillo
Giocavo a scambiare figurine dei calciatori quando ero bambino, ora ho smesso e non lo farò né con la Tav né con altre questioni
collegate. In primo luogo, spiega un deputato, «un leader sotto processo potrebbe rappresentare una questione da tenere presente in vista dei nuovi assetti dell’europa dopo le elezioni. Al di là della questione dello spitzenkandidat (candidato unico di una coalizione), il ruolo di Matteo è destinato a crescere e ad essere sempre più centrale e internazionale».
Ma, appunto, tra i 5 Stelle ci sarebbe preoccupazione per una possibile crisi di governo. È vero, non sono pochi i leghisti che ritengono il caso un possibile detonatore o meglio un significativo precedente qualora si dovesse arrivare a una «exit strategy» leghista dal governo. Ma è una considerazione astratta, non all’ordine del giorno. E lui, il ministro dell’interno, ha sempre liquidato con un gesto di fastidio questo tipo di considerazioni. Tanto più ieri, al primo giorno di un tour elettorale in Sardegna che gli prenderà buona parte della settimana, in cui il bagno di folla fa sembrare le questioni di palazzo un’ombra pallida dell’unica realtà che conta, quella del consenso.
Lo strale di Beppe Grillo contro la formulazione del quesito («Se voti Sì vuol dire No. Se voti No vuol dire Sì. Siamo tra il comma 22 e la sindrome di Procuste!») gli strappa un mezzo sorriso. Così come il «sondaggio» sulla «Alessandro Di Battista fan page» di Facebook in cui si invita a votare su una sua foto con due scritte, «6 innocente» o «6 colpevole». Ma la verità, dice Salvini, è che «per me non cambia nulla, non per il voto online, non per il voto in Senato».
Di certo, nei rapporti con i 5 Stelle il leader leghista non apprezza le ricostruzioni in base alle quali ci potrebbe essere una sorta di scambio tra il via libera all’autonomia di Lombardia, Veneto ed Emiliaromagna e la Torino-lione: «Giocavo a scambiare le figurine dei calciatori quando ero bambino, ora ho smesso e non lo farò né con la Tav né con altre questioni legate alle autonomie delle Regioni». Di più: «Non mi metterò a barattare o a fare come al mercato del pesce: la mia posizione su queste questioni è sempre stata chiara».
L’ipotesi
La preoccupazione per un eventuale rinvio a giudizio resta però negli ambienti leghisti