Finkielkraut e i gilet gialli: ho sentito l’odio assoluto
Dopo la valanga di insulti che i gilet gialli hanno riversato sabato su Alain Finkielkraut, il filosofo francese rifiuta l’etichetta di «eroe o vittima», pur affermando di aver «sentito l’odio assoluto». Della folla che lo oltraggiava, almeno una persona è stata identificata. Ieri, nella manifestazione domenicale per celebrare i tre mesi della protesta, nuovi insulti e minacce, questa volta nei confronti della «moderata» Ingrid Levavasseur che ha dovuto essere allontanata. Finkielkraut, intervistato da molti media francesi, ha ricordato di essere stato «uno dei rari intellettuali ad aver appoggiato il movimento ai suoi inizi». Chi lo ha insultato «puntava prima di tutto» ai suoi legami con Israele: «Erano un misto di gente di banlieue, di estrema sinistra e soraliani» (seguaci del controverso polemista Alain Soral, ndr). «Per fortuna» ad un certo punto è arrivata la polizia ad evitare che lo picchiassero. «Ce n’era uno — ha aggiunto il filosofo — con una leggera barba, che mi diceva: “Dio ti punirà.. È la retorica islamista». Pentito? «Non rinnego le posizioni che avevo sui gilet gialli. Ma non appoggio più il movimento perché è diventato grottesco, non sa più fermarsi». Sulla vicenda è polemica tra chi afferma e chi nega che nei due video sull’episodio si oda l’insulto «sporco ebreo».