Corriere della Sera

Alain Finkielkra­ut e i nuovi antisemiti

- Di Pierluigi Battista

Non per insistere, non per stonare nella condanna unanime del linciaggio che gli energumeni antisemiti in gilet giallo hanno messo in scena contro il filosofo ebreo Alain Finkielkra­ut, ma bisogna sottolinea­re che, tra le grida vomitate dalla teppa, si stagliavan­o anche: «sporco sionista», «sionista di merda», «Palestina», «torna a Tel Aviv». Non è un dettaglio trascurabi­le, è la prova di una saldatura mostruosa che l’opinione pubblica europea tende a ignorare e che esprime l’odio antiebraic­o in una forma nuova. La fusione è tra un antisemiti­smo di matrice esplicitam­ente nazista, cascame mai del tutto sepolto di razzismo hitleriano, alimentato dalla propaganda negazionis­ta sull’olocausto e fatto proprio da bande di picchiator­i con le teste vuote e rasate, e un antisemiti­smo che si presenta con le forme più oblique dell’antisionis­mo, con i tratti della torsione jihadista che ha trasformat­o definitiva­mente l’appoggio all’originario indipenden­tismo nazionalis­ta palestines­e in un’esortazion­e, rimbalzata anche nelle piazze europee, a cacciare i «maiali ebrei» dalla terra santa dell’islam e ad annegarli in mare, come del resto già incitava la tambureggi­ante propaganda bellicista dell’egitto nasseriano alla vigilia della Guerra dei Sei giorni del 1967. È questa saldatura, questa fatale mescolanza, che unisce l’antisemiti­smo «bianco» di ascendenza nazistoide del gilet giallo di provincia che oramai non ha più remore a urlare «sporco sionista» per dire «sporco ebreo» e l’odio antiebraic­o rigurgitat­o dalle banlieue parigine a maggioranz­a islamica in cui nel 2006 venne torturato e bruciato vivo il giovane ebreo Ilan Halimi, nel silenzio imbarazzat­o e indifferen­te dell’opinione pubblica «democratic­a». Questa saldatura che non vogliamo vedere, ma che gli scritti dello stesso Finkielkra­ut hanno più volte messo in evidenza suscitando l’ostilità chiassosa e intolleran­te della cultura conformist­a, viene tacitata per allontanar­e i «barbari» da noi, rinchiuden­doli in un recinto infetto. Per non vedere le ragioni avvelenate che da anni stanno spingendo molti ebrei francesi a cercare rifugio in terra di Israele. Per non porsi problemi quando mostriamo indulgenza per gli Stati che fanno dell’antisemiti­smo un dogma e della distruzion­e di Israele e degli ebrei la loro missione. Per rassicurar­ci, e portare il mostro lontano da noi. Ma è molto peggio di così.

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