Corriere della Sera

Una nazionale con i calciatori africani: il sogno del Qatar

«Fuori Casa» di Sebastian Abbot (Luiss) racconta il tentativo degli sceicchi di importare talenti. Ma i campioni non crescono in laboratori­o

- Di Carlo Baroni

Nel cuore dell’africa non ci sono molte auto. Nessuna sul delta del Niger. Al massimo qualche barcone. Acqua e insetti. E un «oceano» di futuri campioni di calcio che non sanno di esserlo. E qualcuno, quasi tutti, non lo saprà mai. Eppure è da lì che un giorno del 2007 partì la ricerca per scovare il nuovo Messi.

I soldi c’erano. Tantissimi. Quelli degli sceicchi del Qatar. I padroni del Paris Saint-germain, per intenderci. A guidare la caccia Josep Colomer, uno che Messi l’aveva seguito e costruito. E prima ancora faceva parte dello staff del Brasile che vinse il Mondiale del 2002. Con Ronaldo. Il Qatar voleva costruire una squadra di calcio da sogno. Pescando talenti in giro per il mondo. Quando erano ancora piccoli. Il Paese ospiterà il Mondiale del 2022 e vuole presentars­i con un undici dignitoso. E il fatto che la maggior parte non sia nata nella Penisola arabica, è un dettaglio. Fuori casa di Sebastian Abbot, edito dalla Luiss University Press, racconta il viaggio in Africa di questo talent scout con una missione (quasi) impossibil­e.

Il progetto Football Dreams è più che un sogno. Si trasformer­à presto in un incubo. Frotte di ragazzini accorsi a casting improbabil­i. Su campi da rinvio immediato della partita. Sono tutti affamati. Di gloria prima che di soldi. Ma a vedere come è andata a finire, forse sarebbe stato meglio farsi bocciare subito. Chi è riuscito a finire in club europei ha toccato con mano la crudeltà di un mondo dove ti promettono tutto e mantengono poco. O nulla. L’accademia per sfornare i futuri Messi non riesce a tirare fuori neanche una riserva dignitosa in una delle Leghe più importanti. Qualcosa non torna. Come se gli dei del calcio si rifiutasse­ro di veder nascere campioni in provetta. La bellezza del calcio imprigiona­ta dentro schemi e pianificaz­ione. Qualcosa che non funziona neanche nelle scienze (quasi) esatte come l’economia.

I Messi sono diamanti impossibil­i da costruire in laboratori­o. Magari hanno la stessa forma ma la lucentezza è un’altra. C’è persino qualche ragazzo africano che arriva al Barcellona e l’agente di Iniesta decide di rappresent­arlo. Merce umana che bastano due partite storte e un infortunio più lungo del dovuto per farla sparire per sempre dall’album delle figurine. Senza possibilit­à di ripartire da dove era cominciato tutto. Un villaggio povero in un posto che fai fatica anche a trovare su Google Maps. Ma anche una scuola vera, l’inizio di un percorso. Che non avrebbe portato al Pallone d’oro ma a una vita dignitosa. Una famiglia, uno stipendio sicuro. Un futuro. Niente copertine patinate, ma neanche il rischio di diventare carta straccia che gli altri scalciano.

Intanto il Qatar ha vinto l’ultima coppa d’asia, sconfiggen­do in finale il Giappone. L’ossatura è quasi tutta composta da calciatori locali. Alcuni giocano all’estero, ma ci sta. La strada da percorrere è quella giusta. Senza Dreams. Il calcio ne ha già troppi.

«Football Dreams» L’iniziativa in Africa di Josep Colomer, l’uomo che aveva seguito e costruito Messi

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