Gary Hart e lo scandalo sessuale Il caso che cambiò l’america
Jackman convince nei panni del senatore che rinunciò alla Casa Bianca
L o scandalo che nel maggio 1987 costrinse il senatore democratico Gary Hart a rinunciare alla corsa per la nomination presidenziale (dove tutti lo davano per favorito) stupì ai tempi molti commentatori. Possibile che l’avventura con la modella Donna Rice pesasse politicamente più dello scandalo Iran-contras o fosse un argomento cui dedicare più attenzione dell’aggressività commerciale del Giappone? In fondo scappatelle sessuali non erano mai mancate durante le presidenze passate, a cominciare da quelle allora ben note di John Fitzgerald Kennedy.
E un’allusione a quei tradimenti si sente anche in The Fronte Runner – Il vizio del potere che ricostruisce quel pezzo di storia americana: la fa Gary Hart (affidato con un vistoso, anche se veritiero, toupet a un bravo Hugh Jackman) per minimizzare le proprie responsabilità. Ma Kennedy aveva tradito negli anni Sessanta e Hart nella seconda metà degli Ottanta, quando molte cose erano cambiate, non solo la sensibilità del pubblico su quell’argomento ma soprattutto l’evoluzione e l’atteggiamento della stampa. Quindici anni dopo la pubblicazione dei Pentagon Papers e l’inchiesta sul Watergate, i giornali non erano più i «guardiani del potere» come quei casi avevano sottolineato.
La caccia all’esclusiva era diventata una merce privilegiata che i quotidiani inseguivano per aumentare le vendilo te. Anche a costo di scavare nei pettegolezzi e nell’immondizia.
Ecco il senso del film di Jason Reitman sul caso Hart: non tanto raccontare qualcosa di inedito, quanto mettere in evidenza una diversa sensibilità e una nuova dimensione della stampa, con lo sguardo di chi quell’evoluzione l’ha vissuta fino in fondo e può permettersi di illuminare snodi e situazioni che ai tempi erano rimasti nell’ombra.
Da questo punto di vista, più che la cronaca (piuttosto ingenua) della scappatella di Gary Hart con la giovane Donna Rice (Sara Paxton), diventano centrali nel film le scene all’interno delle redazioni dei giornali, quella del Miami Vice che fa scoppiare lo scanda- e quella del Washington Post, che affida la copertura della campagna di Hart a un giornalista (Mamoudou Athie) che non vorrebbe sporcarsi le mani con certi argomenti.
Allo stesso modo, diventa centrale nel film il modo in cui lo staff del senatore, guidato dal pragmatico Bill Dixon (J.K. Simmons), cerca di affrontare lo scandalo. Sono le scene più interessanti, perché fanno venire a galla da una parte l’arroganza del potere e il suo sentirsi al di sopra di certe intromissioni e dall’altra, invece, il mutamento della sensibilità giornalistica su certi argomenti, il ruolo sempre più preponderante dei «gusti del pubblico» (da seguire e non più da guidare),
Sono centrali le scene sull’arroganza dei politici e sul ruolo sempre più dominante dei «gusti del pubblico» nel giornalismo
la scelta di cavalcare argomenti che fino a poco tempo prima sarebbe stati considerati non solo «ineleganti» ma addirittura «disdicevoli».
Il caso Hart diventa così uno snodo emblematico nella storia del costume, perché mette da parte i programmi politici e cavalca il pensiero dominante, trasforma il progressista Gary Hart in un uomo del passato, che vorrebbe trincerarsi dietro l’immunità che aveva sempre protetto la vita privata degli uomini politici, mentre la stampa scandalistica si trova ad assumere il ruolo del nuovo che avanza, se non nella democrazia per lo meno nell’opinione comune. Costringendo anche il resto della stampa (vedi i discorsi del direttore del Washington Post, interpretato da Alfred Molina) ad adeguarsi.
Ma il film di Reitman non si limita a puntare il riflettore sulle nuove pratiche della stampa e sui vecchi comportamenti dei politici, affronta anche un terzo tema destinato a diventare sempre più importante: il posto delle donne nella vita pubblica. E per farlo, si interessa poco della donna dello scandalo per portare in primo piano la moglie del senatore, Lee Hart, cui Vera Formiga regala una determinazione (e una rabbia) che mette bene in evidenza l’antistoricità del ruolo della donna costretta a restare nell’ombra, simbolo sacrificale di una femminilità sempre subalterna. Ultima, determinante spallata a un sistema di potere patriarcale che lo scandalo Hart contribuì ad abbattere.