Corriere della Sera

Troppo tempo per scoprire il fallo da rigore

- Di Paolo Casarin

Con o senza tecnologia quasi tutti i problemi per l’arbitro nascono nell’area di rigore, soprattutt­o se si tratta di valutazion­i soggettive cioè originate dai contatti fisici tra attaccanti e difensori. Anche i tocchi di mano sono soggettivi, volontarie­tà o meno, ma oggi l’indirizzo prevalente è per la punibilità. Ben più difficile la valutazion­e dei contatti fisici che un arbitro in campo può vedere tra falli alti, bassi, spinte e trattenute. Succede in Spalfioren­tina che Pairetto, ben piazzato, dopo un contatto a terra tra Felipe e Chiesa, con caduta del viola, decide di far proseguire e finisce che la Spal segna in 33 secondi. Come da protocollo il Var Mazzoleni controlla l’intera azione e scova al monitor che in area estense c’è stato un fallo da rigore, forse quello di Felipe. Pairetto va al monitor in campo e dopo una lunga analisi concorda per il rigore. Ovvio sconcerto tra i giocatori della Spal che si domandano cosa di nuovo e grave abbia trovato il Var. Ma soprattutt­o perché questa lunga attesa, quasi 4 minuti, per individuar­e il fallo grave da rigore? In Udinese–chievo caso analogo tra Valeri e Giacomelli , Var, con rigore prima negato e poi concesso. La rapidità della correzione ha solo ridotto il caso, lasciando una scia di perplessit­à sul fallo. Un dubbio: il Var analizza i casi a velocità normale e dopo al rallentato­re, che come è noto accentua la gravità dei contatti? Se ne tiene conto? Bravo Pasqua in Atalanta –Milan, corretta e regolare; Doveri ha diretto bene Intersamp. Fabbri severo e impreciso in Napolitori­no.

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