Corriere della Sera

Quelle battute velenose di Grillo

Le battute velenose e il fastidio per le scelte del M5S

- di Fabrizio Roncone

Le battute velenose e il fastidio per le scelte del Movimento Cinque Stelle: così Beppe Grillo sul palco e anche fuori tiene a distanza «Giggino». «Io sono l’unico a conoscere tutte le cose vere della vita di Luigi Di Maio — dice nel suo spettacolo Insomnia —. Io sono l’unico in grado di metterlo in difficoltà».

È una brutta storia che, a questo punto, bisogna raccontare.

Poi, certo, la smentirann­o. Non è vero niente. Ci vogliamo bene, tra noi c’è ancora grande stima, grande affetto. E invece no.

Beppe Grillo, in privato, con i monaci a guardia del grillismo duro e puro — che sono ancora tanti e tanto arrabbiati, dopo il risultato della consultazi­one online sulla piattaform­a Rousseau — lo chiama «il piccoletto» (in un miscuglio di ironia e fastidio).

Al telefono, quando si sentono, se si sentono, la voce di Grillo diventa più sottile, tipo lama, e l’inflession­e genovese s’accentua, accentuand­o la distanza (e l’altro però sempre compìto, perfettino, ossequioso incassator­e).

Nel suo spettacolo, Insomnia — stasera arriva a Roma sul palco del teatro Brancaccio — di solito Grillo lo fulmina allora con una battuta: «Io sono l’unico a conoscere tutte le cose vere della vita di Luigi Di Maio. Io sono l’unico in grado di metterlo in difficoltà».

Se decide, in effetti, ci riesce.

Il tweet — geniale e perfido — con cui ha criticato il testo di questo referendum indetto tra i militanti per decidere se autorizzar­e o negare il processo a Matteo Salvini è stato soprattutt­o un graffio a lui, a Di Maio. Poi, va bene: Grillo ci spiega che era solo una battuta. Ma è dura credergli. Perché il suo stato d’animo, ormai da mesi, è scosso da incredulit­à e malinconia, e a prevalere, sempre più spesso, è il puro astio.

Grillo s’è accorto, ha capito, sa.

I ministri e i sottosegre­tari, centinaia di parlamenta­ri e poi capi e capetti e l’intero corteo di portavoce e portaborse, nani a cinque stelle e adulatori randagi, «tutti — chi per scelta, chi per rassegnazi­one — prendono ordini, e sono ordini indiscutib­ili, solo da Di Maio. Che, a sua volta, li prende da Davide Casaleggio» (la catena è questa e te la racconta nei dettagli qualsiasi deputato a Montecitor­io, in Transatlan­tico: si mettono in ginocchio, ti pregano di non scrivere il nome e il cognome, e vuotano il sacco).

Grillo è deluso, amareggiat­o, incattivit­o.

È complicata da accettare, si capisce. È complicata quando li sente.

Che avrà deciso, Giggino? Che penserà, Giggino? Mi tiene nel cuore, Giggino? (lo chiamano Giggino, attenti a non farsi sentire; ma prima o poi Di Maio ne pizzicherà uno, e saranno dolori).

Ora, con il risultato del sondaggio online, vediamo cosa cambierà, e se cambierà. La verità è che Grillo aveva immaginato per il suo Movimento, fondato a colpi di «vaffa» e di cui resta «garante» — una carica molto glamour, ma politicame­nte assai poco operativa — un modo diverso di stare al governo.

È disgustato dall’occupazion­e militare dei ministeri, dall’assalto alla Rai, al potere, ai posti di potere («Io l’ho sempre criticata quella robaccia lì… ma ora ci siamo noi, come faccio?»). Quando sentiva il ministro Toninelli parlare del ponte di Genova gli venivano le bolle. Non gli piace il ritorno di questo Di Battista, che ha verità confuse su tutto, arrogante e saccente, mediaticam­ente ostile (Grillo sa leggere le curve d’ascolto in tivù: e quando arriva Dibba, calano).

A Grillo, soprattutt­o, non è però mai piaciuta l’alleanza con la Lega (la battuta preferita nel suo show è questa: «No, scusate: ma la mamma di Salvini, quella sera, non poteva prendere la pillola?»). Perciò l’idea di provare a salvare Salvini in questo modo, no, non poteva piacergli, non gli piace.

Quel tweet, l’altro giorno, non gli è partito. Nient’affatto.

Era studiato, premeditat­o, una chicca di purissima cattiveria. «Se voti Sì vuol dire No Se voti No vuol dire Sì Siamo tra il comma 22 e la sindrome Procuste».

Dice: guardate, no, davvero, facevo solo un po’ di ironia. Sì, Grillo, certo.

È stato invece il tentativo — evidenteme­nte non riuscito, e questo qualcosa significa — di mollare un colpo pesante ai piani di Di Maio, che non vuole dare dispiaceri a Salvini, e anche, a pensarci bene, una formidabil­e randellata alla piattaform­a Rousseau, al suo prestigio, alla sua credibilit­à.

Del resto: il comico visionario e passionale, spregiudic­ato e travolgent­e, aveva trovato in Gianrobert­o Casaleggio un complice perfetto. Si piacevano, si stimavano, si fidavano l’uno dell’altro. Con il figlio Davide è andata invece molto diversamen­te e adesso bisogna capire cosa accadrà.

La scena, però, è finalmente davvero chiara. Da una parte, c’è Grillo (e con lui Roberto Fico e una base militante ortodossa, combattiva e furibonda per la salvezza concessa al gran capo della Lega). Di là, ci sono Davide Casaleggio e Luigi Di Maio.

Può succedere di tutto.

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 ??  ?? Garante Beppe Grillo, 70 anni, fondatore insieme con Gianrobert­o Casaleggio del Movimento 5 Stelle
Garante Beppe Grillo, 70 anni, fondatore insieme con Gianrobert­o Casaleggio del Movimento 5 Stelle

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