Il sollievo dei big: siamo salvi Di Maio vede gli eletti, ora i 5 Stelle sono spaccati
Il vicepremier prova a ripartire. Ma la base attacca sui social
ROMA Per entrare nel cuore della crisi pentastellata bisogna scendere le scale, fino ai piani bassi di Montecitorio. Sono le nove di sera del giorno più lungo, il giorno del verdetto della piattaforma Rousseau su Matteo Salvini e sul destino del governo gialloverde. Luigi Di Maio ancora non arriva e l’auletta dei gruppi fatica a riempirsi. L’assemblea congiunta per rimettere in moto il Movimento dopo la «botta» elettorale in Abruzzo è in qualche modo storica, eppure tanti parlamentari non varcheranno quella soglia.
Sessanta a quaranta, dirà un’ora più tardi il «sacro blog» della Casaleggio associati. La percentuale più temuta, perché salva il governo ma certifica la spaccatura del Movimento. «Far votare i cittadini è parte del dna M5S, sono orgoglioso», rivendica Di Maio tra imbarazzo e sollievo.
Le pagine social grondano delusione, frustrazione, rabbia, lo stesso mix esplosivo covato dai deputati e senatori rimasti a casa. Le ribelli Paola Nugnes ed Elena Fattori, che sperano nel passo indietro del capo e ritengono «illegittimo» il referendum sul web, non si fanno vedere. Il senatore Matteo Mantero, vicino alle posizioni di Roberto Fico, accampa un ritardo. Il deputato sardo Luciano Cadeddu si è preso «un febbrone a 39.2 lottando per il prezzo del latte». E via così, defezione dopo defezione. Chi ha l’influenza, chi ha perso il treno, chi è in missione e chi, platealmente, vuole prendere distanza dalle ultime mosse di Di Maio, che hanno innescato la rivolta.
Il voto slitta due volte. Il quesito, sbeffeggiato persino da Beppe Grillo, viene ritoccato in corsa. I parlamentari discutono sulle cause del mezzo flop e vien fuori che tre mesi fa Max Bugani aveva vanamente spronato Davide Casaleggio: «I soldi che investiamo sui territori dovremmo metterli sulla piattaforma, perché non è adeguata al numero di iscritti». Il referendum online avrebbe fatto storcere il naso anche al premier. Ma appena l’indiscrezione comincia a girare, Palazzo Chigi smentisce: «Inaccettabile». Mai l’avvocato che guida il governo ha fatto commenti sulla consultazione: «Non intende influenzare gli iscritti, né interferire nelle valutazioni che spettano ai senatori». Flashback. Alle 19.30 Francesco D’uva riunisce i deputati e prova a placare dubbi, maldipancia e distinguo. «Se votano i militanti, noi che ci stiamo a fare?», si arrabbia un parlamentare, stufo di sentire le ironie delle opposizioni. Per dirla con l’azzurro Marco Marin, «i senatori del M5S non sanno decidere con la loro testa?». I Di Maio boys lavorano per riportare l’ordine. «Ho votato sì, coerentemente con la decisione politica del governo di cui faccio parte», richiama i colleghi il sottosegretario Mattia Fantinati.
Alle 21.45, dopo aver fatto tappa a Pomigliano e rinviato un convegno a Napoli a cui molto teneva, ecco Di Maio. «Sui genitori di Renzi ai domiciliari non c’è da gioire», è la prima raccomandazione. Un indizio del profilo istituzionale e moderato che il ministro è determinato a ritrovare. Si attende ancora il responso del «sacro blog», l’ansia sale e si parla di liste civiche, del governo che «va avanti» e di quale strada imboccare per tornare a vincere. «Organizzazione centrale con struttura verticale dei temi», è la formula magica del leader, che sprona i suoi ad andare «casa per casa a spiegare come funziona il reddito, quota 100 e tutte le misure approvate». La comunicazione tra Parlamento e governo va fluidificata e la senatrice Daniela Donno propone «un gruppo di lavoro» per i territori.
Alle dieci l’oracolo online ufficializza il verdetto. Applauso liberatorio, pacche sulle spalle e le facce dei ministri Bonafede, Toninelli, Trenta, Fraccaro e Giulia Grillo che dicono il sollievo: «Il governo è salvo». Il vicepremier è sotto accusa, gli rimproverano di essere «timido e appiattito sulla Lega», ma il processo è rimandato. Manlio Di Stefano vuole creare «la scuola politica del M5S con l’obbligo di mandato da consigliere comunale». E Beppe Grillo salva il soldato Luigi: «Piena fiducia». Sulla pagina Facebook del ministro del Lavoro piovono lodi e messaggi di incoraggiamento, ma tanti elettori gli voltano le spalle. «Sono molto deluso per come stai gestendo il Movimento», lo saluta Giuseppe Circiello. E Michele Lovecchio bacchetta: «E Salvini prende i voti... Tranquillo, Luigi».
Le distanze Malumori e tante assenze all’assemblea Per molti il capo politico è sotto accusa