La villa a Portofino Così il giudice scrisse la sentenza «pro suocera»
L’ex presidente del Tribunale di Alessandria ora è indagato per concussione a Milano
MILANO Avviso ai naviganti magistrati nei procellosi mari dei fascicoli giudiziari: chi li lascia giacere senza motivo negli armadi — tipo 3 anni dalla fine dell’indagine prima di archiviarli, o 9 mesi dall’ordine del gip prima di trasmetterli altrove per competenza — rischia di incorrere non solo in un ovvio procedimento disciplinare, ma addirittura anche nel reato di «omissione d’atti d’ufficio»: almeno secondo quanto la Procura di Milano, in un avviso di conclusione delle indagini, sceglie ora di contestare a una pm di Alessandria, del tutto a prescindere invece dalla parallela accusa di «concussione» mossa al già presidente del Tribunale di Alessandria nell’assunto che il 18 gennaio 2008 abbia costretto un giudice onorario a decidere a favore della suocera una causa civile su una villa con boschi e vigneti e uliveti a Portofino.
«Le ho assegnato la causa di una simpatica vecchina», si sentì dire il giudice onorario (got) Alfonso Matarazzo da Gian Rodolfo Sciaccaluga, cioè dal magistrato che allora presiedeva il Tribunale di Alessandria e poi presiederà quello di Chiavari nonché una sezione della Commissione tributaria regionale del Piemonte. La vicenda
● Nel 2008 il presidente del Tribunale di Alessandria, Gian Rodolfo Sciaccaluga, assegnò al giudice onorario Alfonso Matarazzo una causa che riguardava la suocera dello stesso capo del Tribunale
● Secondo i pm milanesi, Sciaccaluga (oggi in pensione) non solo non si astenne, ma violò i criteri per l’assegnazione imponendo inoltre al giudice onorario di consegnargli «una bozza di sentenza» Solo che la «simpatica vecchina» era la suocera del presidente (poi morta nel 2009). Per i pm milanesi Ilda Boccassini e Cristiana Roveda il presidente (oggi in pensione), oltre a non astenersi, e a violare i criteri per l’assegnazione al got di un fascicolo con controversa competenza territoriale e persino con controparti ignare, avrebbe imposto al got di consegnargli «una bozza di sentenza poi restituita modificata e integrata», dicendogli «questo è quello che deve scrivere».
«Un mattino presto al parcheggio del Tribunale il presidente non trovava il provvedimento nella borsa — dipinge la scena il got che, non indagato, dice di aver ceduto per paura che il presidente gli togliesse gli incarichi —: telefonò al figlio imprecando e chiedendogli dove l’avesse messo…». «Abbiamo appreso da poco dell’indagine — ribatte il legale Andrea Soliani —, ma sono convinto che, ad un sereno confronto con l’au-