Sirti, gli appalti tagliati sulla rete tlc In piazza i lavoratori in esubero
Gli effetti della riduzione delle commesse e la concorrenza cinese sugli apparati
Assemblee sindacali in tutte le sedi Sirti anche oggi e domani. La proclamazione di 4 ore di sciopero. E la richiesta urgente da parte dei sindacati al governo, Fim-cisl in testa, dell’apertura di un tavolo per evitare ciò che i vertici di un gruppo storico della telefonia (che ha messo in piedi la rete in rame dell’allora Sip) ha appena annunciato: il licenziamento collettivo di 833 addetti, un quarto della sua forza lavoro, che significa una riduzione importante di taglia della divisione telco, il cuore delle sue attività. L’azienda è controllata al 100% da Pillarstone da due anni, il cui principale finanziatore è il fondo Usa Kkr, specializzato nella ristrutturazione di società in difficoltà, con un debito rilevante nei confronti delle banche (250 milioni), ma con margini di sviluppo in presenza di un piano industriale convincente. Evidentemente il proposito di salvataggio del gruppo non sta funzionando fino in fondo se i vertici di Sirti hanno deciso questo strappo per tornare competitivi.
L’azienda ha motivato la decisione con «la pesante contrazione del giro d’affari che ha interessato prima di tutto gli operatori telefonici con conseguenze negative su tutto il settore in termini di erosione dei prezzi, inasprimento della concorrenza e perdita di marginalità fino a livelli non sostenibili». Fonti vicine al dossier parlano di un aggravamento della situazione per il taglio dei volumi del «contratto Telecom» avvenuto a fine dicembre, il principale committente di Sirti per la manutenzione su rete fissa e mobile. E anche di una rimodulazione del giro d’affari con Open Fiber, che ha affidato a Sirti il 20% circa dei propri lavori sull’ultimo miglio (280 milioni), quelli dai cabinet alle case dei clienti. La questione, in realtà, è più complessa.
Il settore delle telecomunicazioni in Italia è esposto ad una competizione feroce. Da lato degli operatori (da Tim a Wind3, da Vodafone a Fastweb) sul versante dei prezzi, aggravata dal recente ingresso della low-cost Iliad che ha ulteriormente ridotto i margini sul cliente. E dal lato dei fornitori di apparati di rete (dai ripetitori sul territorio agli investimenti sull’ultimo miglio con la copertura a fibra ottica che sta facendo Open Fiber). L’arrivo in Italia dei cinesi di Zte, che hanno strappato due anni fa a Sirti il cliente Wind3, ha messo in crisi la società che ha trovato la concorrenza cinese ad aggredirla comprimendo i margini.
L’altro tema riguarda interventi di manutenzione per gli allacciamenti. Che hanno storicamente avuto Sirti in posizione di leadership, in virtù del suo stretto legame con Telecom finito poi sotto la lente dell’agcom che ha imposto la liberalizzazione anche di questo segmento della filiera consentendo agli operatori tlc di servirsi di altri sub-fornitori in caso di guasto tecnico.
Ulteriore elemento di complessità è la direzione che sta prendendo il governo con la realizzazione di una società della rete tra Tim ed Open Fiber per realizzare gli investimenti per la banda ultra-larga. Direzione chiara, ma i tempi di attuazione sono confusi. Così resta tutto fermo. E i posti di lavoro saltano.