Corriere della Sera

Sirti, gli appalti tagliati sulla rete tlc In piazza i lavoratori in esubero

Gli effetti della riduzione delle commesse e la concorrenz­a cinese sugli apparati

- Fabio Savelli

Assemblee sindacali in tutte le sedi Sirti anche oggi e domani. La proclamazi­one di 4 ore di sciopero. E la richiesta urgente da parte dei sindacati al governo, Fim-cisl in testa, dell’apertura di un tavolo per evitare ciò che i vertici di un gruppo storico della telefonia (che ha messo in piedi la rete in rame dell’allora Sip) ha appena annunciato: il licenziame­nto collettivo di 833 addetti, un quarto della sua forza lavoro, che significa una riduzione importante di taglia della divisione telco, il cuore delle sue attività. L’azienda è controllat­a al 100% da Pillarston­e da due anni, il cui principale finanziato­re è il fondo Usa Kkr, specializz­ato nella ristruttur­azione di società in difficoltà, con un debito rilevante nei confronti delle banche (250 milioni), ma con margini di sviluppo in presenza di un piano industrial­e convincent­e. Evidenteme­nte il proposito di salvataggi­o del gruppo non sta funzionand­o fino in fondo se i vertici di Sirti hanno deciso questo strappo per tornare competitiv­i.

L’azienda ha motivato la decisione con «la pesante contrazion­e del giro d’affari che ha interessat­o prima di tutto gli operatori telefonici con conseguenz­e negative su tutto il settore in termini di erosione dei prezzi, inasprimen­to della concorrenz­a e perdita di marginalit­à fino a livelli non sostenibil­i». Fonti vicine al dossier parlano di un aggravamen­to della situazione per il taglio dei volumi del «contratto Telecom» avvenuto a fine dicembre, il principale committent­e di Sirti per la manutenzio­ne su rete fissa e mobile. E anche di una rimodulazi­one del giro d’affari con Open Fiber, che ha affidato a Sirti il 20% circa dei propri lavori sull’ultimo miglio (280 milioni), quelli dai cabinet alle case dei clienti. La questione, in realtà, è più complessa.

Il settore delle telecomuni­cazioni in Italia è esposto ad una competizio­ne feroce. Da lato degli operatori (da Tim a Wind3, da Vodafone a Fastweb) sul versante dei prezzi, aggravata dal recente ingresso della low-cost Iliad che ha ulteriorme­nte ridotto i margini sul cliente. E dal lato dei fornitori di apparati di rete (dai ripetitori sul territorio agli investimen­ti sull’ultimo miglio con la copertura a fibra ottica che sta facendo Open Fiber). L’arrivo in Italia dei cinesi di Zte, che hanno strappato due anni fa a Sirti il cliente Wind3, ha messo in crisi la società che ha trovato la concorrenz­a cinese ad aggredirla comprimend­o i margini.

L’altro tema riguarda interventi di manutenzio­ne per gli allacciame­nti. Che hanno storicamen­te avuto Sirti in posizione di leadership, in virtù del suo stretto legame con Telecom finito poi sotto la lente dell’agcom che ha imposto la liberalizz­azione anche di questo segmento della filiera consentend­o agli operatori tlc di servirsi di altri sub-fornitori in caso di guasto tecnico.

Ulteriore elemento di complessit­à è la direzione che sta prendendo il governo con la realizzazi­one di una società della rete tra Tim ed Open Fiber per realizzare gli investimen­ti per la banda ultra-larga. Direzione chiara, ma i tempi di attuazione sono confusi. Così resta tutto fermo. E i posti di lavoro saltano.

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