Piombino, ergastolo per l’infermiera «Ha ucciso quattro pazienti»
La 57enne assolta per altri sei casi. Lei in lacrime in Tribunale: «Non sono stata io»
LIVORNO «Non è possibile, sono innocente, non ho ucciso nessuno, ma ho salvato tante vite, ho donato tutta me stessa al mio lavoro, quello d’infermiera che tanto amo e ho amato». In lacrime, abbracciata dal figlio medico e dal marito, Fausta Bonino, 57 anni, ha appena ascoltato incredula la sentenza che l’ha condannata, dopo più di cinque ore di camera di consiglio, all’ergastolo per la morte di quattro pazienti che, secondo il giudice monocratico Marco Sacquegna, avrebbe assassinato all’ospedale di Piombino con iniezioni di eparina, un potente anticoagulante. L’infermiera era stata rinviata a giudizio per dieci delitti, ma per sei è stata assolta «perché il fatto non sussiste». Nella requisitoria il pm Massimo Mannucci aveva chiesto l’ergastolo per tutti e dieci gli omicidi.
Una sentenza inattesa, quella del giudice monocratico (l’imputata aveva chiesto il rito abbreviato perché, aveva spiegato il suo avvocato, prostrata da anni di indagini) soprattutto per la decisione di imputare alla donna solo quattro dei dieci delitti di cui accusata. «È una condanna incredibile, contraddittoria e inspiegabile che ha scorporato dall’impianto accusatorio solo quattro casi dei quali due erano già stati esclusi dalla ricostruzione fatta dall’incidente probatorio — ha commentato Cesarina Barghini, l’avvocato della donna —. Ricorreremo in appello. Sono certa di poter convincere i giudici di secondo grado della completa innocenza di Fausta, anche lei una vittima di questa vicenda».
Ricorso annunciato anche dai legali di sei delle quattro vittime perché, come hanno spiegato, la sentenza non spiega chi le ha uccise.
Dunque il giudice monocratico ha stabilito che l’infermiera tra il 2014 e 2015 iniettò una dose mortale di eparina ad almeno quattro pazienti (all’inizio dell’inchiesta era accusata di 14 omicidi), per lo più anziani, provocandone una morte che all’inizio era sembrata naturale. Poi iniziarono i primi sospetti, le indagini dei carabinieri del Nas di Livorno e le riesumazioni dei corpi di alcune vittime. Le analisi confermarono una fortissima e fatale concentrazione di eparina nei corpi delle vittime.
Ma perché Fausta Bonino, una donna descritta come dolce, innamorata della famiglia e della sua professione, si sarebbe trasformata in una killer? Nella requisitoria il pm Massimo Mannucci aveva spiegato il movente con il disagio della donna nei confronti dell’ospedale perché si sentiva sottovalutata. Il pm aveva anche cercato di dimostrare la presenza costante dell’infermiera durante tutti i decessi dei pazienti ricoverati nel reparto di anestesia e rianimazione. Accuse, queste, che la Bonino ha sempre negato. «Sono stata sottoposta a tre perizie (psichiatrica, neurologica e psicologica) — ha spiegato anche ieri — che hanno dimostrata che non sono pazza, malata e neppure un’assassina. E non è neppure vero che ero sempre presente durante le morti delle persone, non ci sono prove né indizi che abbia iniettato l’eparina. Dimostrerò la mia innocenza in appello».
Sulla vicenda sarà celebrato un altro processo. L’imputato è Michele Canalis, il primario del reparto di anestesia e rianimazione dell’ospedale di Piombino, inquisito per omicidio colposo perché non avrebbe vigilato sul rispetto dei protocolli terapeutici.
In primo grado
La difesa: «Verdetto assurdo, ricorreremo» Ora a processo anche il primario di anestesia