L’INGLESE CAMBIA MA IL PRINCIPE CARLO NON SBAGLIA MAI
Et tu, Carole? Finché sono i duchi del Sussex a utilizzare vocaboli prettamente statunitensi come «diaper» – pannolino, che in inglese-inglese si dice «nappy» – passi. Meghan è americana. Non le si può negare il diritto di sfoggiare la lingua madre. Ma possibile che anche il principe Carlo, erede al trono, difensore di valori tradizionali, bastione della britannicità, si stia lasciando corrompere dalle tendenze d’oltreoceano? La lettera che il primogenito di Elisabetta ha scritto al presidente Macron in seguito all’incendio di Notre-dame ha scatenato presunti puristi della lingua. L’accusa è che contenesse due «errori» di ortografia. Il cosiddetto Queen’s English, l’inglese della regina, non prevede lo spelling civilisation invece di civilization, come ha scritto Carlo, e realise, piuttosto che realize? Sui social media i sudditi sono insorti. «Sua Altezza, sta diventando americano?» si è chiesta una signora. «Forse la nuora gli sta dando una mano con la corrispondenza mentre è in pausa maternità», ha suggerito qualcun altro. La verità è che il principe Carlo è più preciso dei pignoli, tanto che prima ancora di Buckingham Palace è intervenuto l’oxford English Dictionary, sottolineando che la desinenza -ize è corretta nei vocaboli che giungono all’inglese attraverso il greco e il latino, mentre quella -ise si applica generalmente alle parole nate dal francese o altro. Nei due casi in questione, sono giuste entrambe le forme, ma quella utilizzata dal principe Carlo è più antica: risale al diciassettesimo secolo. Se oggi c’è chi arriva a pensare che sia errata, è perché la modernità sta spazzando via le differenze in una lingua che, rispetto all’inglese di Carlo, è in continua evoluzione.
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