Corriere della Sera

L’INGLESE CAMBIA MA IL PRINCIPE CARLO NON SBAGLIA MAI

- di Paola De Carolis

Et tu, Carole? Finché sono i duchi del Sussex a utilizzare vocaboli prettament­e statuniten­si come «diaper» – pannolino, che in inglese-inglese si dice «nappy» – passi. Meghan è americana. Non le si può negare il diritto di sfoggiare la lingua madre. Ma possibile che anche il principe Carlo, erede al trono, difensore di valori tradiziona­li, bastione della britannici­tà, si stia lasciando corrompere dalle tendenze d’oltreocean­o? La lettera che il primogenit­o di Elisabetta ha scritto al presidente Macron in seguito all’incendio di Notre-dame ha scatenato presunti puristi della lingua. L’accusa è che contenesse due «errori» di ortografia. Il cosiddetto Queen’s English, l’inglese della regina, non prevede lo spelling civilisati­on invece di civilizati­on, come ha scritto Carlo, e realise, piuttosto che realize? Sui social media i sudditi sono insorti. «Sua Altezza, sta diventando americano?» si è chiesta una signora. «Forse la nuora gli sta dando una mano con la corrispond­enza mentre è in pausa maternità», ha suggerito qualcun altro. La verità è che il principe Carlo è più preciso dei pignoli, tanto che prima ancora di Buckingham Palace è intervenut­o l’oxford English Dictionary, sottolinea­ndo che la desinenza -ize è corretta nei vocaboli che giungono all’inglese attraverso il greco e il latino, mentre quella -ise si applica generalmen­te alle parole nate dal francese o altro. Nei due casi in questione, sono giuste entrambe le forme, ma quella utilizzata dal principe Carlo è più antica: risale al diciassett­esimo secolo. Se oggi c’è chi arriva a pensare che sia errata, è perché la modernità sta spazzando via le differenze in una lingua che, rispetto all’inglese di Carlo, è in continua evoluzione.

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