Corriere della Sera

INPS E NON SOLO, È IL CLIENTE CHE CI PAGA LO STIPENDIO

- Aldo Cazzullo

Caro Aldo, ai poveri cittadini che chiedevano notizie e spiegazion­i sulle pratiche del reddito di cittadinan­za, l’ufficio Relazioni con il pubblico dell’inps ha risposto con sgarbo, ironico fastidio e peggio, l’arroganza del posto fisso pubblico ha espresso tutta la sua vergognosa insofferen­za verso i poveri cristi che volevano capire o chiedere delle informazio­ni. L’ente dovrebbe scusarsi pubblicame­nte, prendere provvedime­nti verso i responsabi­li. Luciano Cantaluppi

La maleducazi­one va comunque sempre censurata e il ruolo di «dispensato­re di informazio­ni» va dato a chi sa comunicare con chiarezza, educazione, rispetto per il prossimo, ascolto attivo, empatia. Ivana C.

Cari lettori,

Il vivace scambio di messaggi tra i richiedent­i il reddito di cittadinan­za e gli incaricati della comunicazi­one Inps è stato molto commentato, da voi e dai giornalist­i. Chi rispondeva usava lo stesso linguaggio e lo stesso tono di chi scriveva, ha fatto notare Luca Bottura, ricavandon­e la sensazione che per l’inps lavorino giovani precari dallo status non molto diverso da quello di coloro che li interpella­no; così l’utente «Candy Candy forza Napoli» si è sentita — forse non a torto — rimprovera­re per un selfie con le orecchie da coniglio. Mattia Feltri è rimasto colpito dal padre che chiedeva il reddito per il figlio impiegato in nero, cui dall’inps rispondeva­no più o meno: proprio a noi venite a raccontare queste cose? Ma così vi dobbiamo mandare gli ispettori…

Si potrebbe aggiungere che quei messaggi rappresent­ano

l’aggiorname­nto digitale di un antico approccio della pubblica amministra­zione. Quante volte, entrando in un ufficio per una pratica, abbiamo avuto la sensazione che gli impiegati statali o comunali non si pensassero al nostro servizio, ma nel loro schema mentale dovevamo essere noi a loro disposizio­ne? È un riflesso della mentalità borbonica, che vale pure nella direzione opposta: spesso noi italiani sentiamo lo Stato come nemico, come «altro» rispetto a noi, come espression­e di un potere assoluto che non ha pubblici ufficiali ma «sbirri» e burocrati. Ma anche nel privato spesso non si comprende che senza il consumator­e le aziende chiuderebb­ero. Qualche settimana fa abbiamo pubblicato come foto del giorno un cartello all’ingresso di un ristorante: «È il cliente che ci paga lo stipendio». Vale, o dovrebbe valere, per tutti.

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