Spari e Cannonau: a Oliena Pasqua è una festa nella natura
Il paese amato da Grazia Deledda unisce alle tradizioni uno spirito «eco»
Èvero, come scriveva Grazia Deledda; Oliena, ancora oggi, è «un villaggio bianco sotto i monti azzurri e chiari come fatti di marmo e d’aria». La scrittrice amava questo paese nel cuore della Barbagia, dove la pastorizia e il canto corale resistono insieme al culto per la festività di S’incontru: domani le statue della Madonna e di Cristo muoveranno in processione dalle chiese di San Francesco di Paola e di Santa Croce. I fedeli, in abiti tradizionali e in silenzio assoluto, assisteranno al loro incontro, poi le cannonate a salve e la festa con litri di cannonau.
Claudia Congiu, guida ecologica alla fonte calcarea risorgiva Su Gologone, sostiene che l’autrice di Canne Al Vento incarna lo spirito combattivo che anima le donne di questa terra di canyon, secolari lecceti, picchi vertiginosi, collocata
tra il mare smeraldo dell’ogliastra e il massiccio grigio del Gennargentu. «L’olio, il vino, i formaggi, il folklore sono quello che il turismo estivo assaggia fugacemente, ma la nostra ricchezza è più profonda». Lo pensa anche Maria Serci mentre tesse ricambi col filo d’oro nelle botteghe di arte del Su Gologone Hotel: «Non vedo l’ora di invecchiare per godermi in toto i profumi del ginepro e i sapori del paesaggio. Nei nostri laboratori, con le mani forgiamo ceramiche in maiolica, le decoriamo con gli smalti, scolpiamo il leccio. Noi e la natura ci ascoltiamo a vicenda».
Fauni lo sono tutti i seimila abitanti di Oliena, ma certo Gianni Maricosu lo è più degli altri quando conduce i viaggiatori tra la macchia selvatica che cinge le rive del Cedrino per ammirare le basaltiche canne di organo e poi lassù sul Monte Corrasi. «Il nostro Supramonte con le sue peonie selvatiche toglie il fiato. Anche John Huston, quando qui girò alcune scene del film La Bibbia, rimase folgorato dal panorama». Gianni conosce ogni bonsai di ginepro e ogni roccia del cammino che si inerpica sino al villaggio preistorico di Tiscali dove in pratica vive il custode Flavio Catte: «Qui parlo tutte le lingue del mondo grazie ai visitatori che compiono anche un trekking di due ore pur di raggiungere questo simbolo nuragico della resistenza delle civitates barbaricine».
Per scoprire Oliena, i suoi tesori e la valenza preziosa della sua gente, bisogna insomma fare fatica. Altrimenti non sarebbe possibile vedere all’opera, ancora sul Monte Corrasi, il pastore Michele Maricosu mentre munge le capre nel recinto in pietra: «Il latte non rende più, e alcuni di questi animali sono testardi. Io però, più cocciuto di loro e della realtà, non mollo, amo stare a contatto con le nuvole e il granito della montagna». Anche Nina Puddu è una resiliente, dal padre ha ereditato la terra, e coi fratelli ha ampliato i vigneti: «Produciamo il Nepente e il Cannonau grazie al microclima privo di grosse escursioni termiche, al calcare, all’argilla e alla salinità: buona terra equivale a buona gente».
Qui sono rigogliose anche le voci dei giovani tenori che Antonio Putzu, cantastorie, riunisce tra i murales che raffigurano donne intente a sparare e inneggianti al Robin Hood locale Giovanni Salis Corbeddu. E poi ci pensano le glorie locali come Gianfranco Zola, il calciatore nominato Baronetto dalla Regina Elisabetta e Giovanna Palimodde, pittrice, collezionista di costumi e paramenti antichi, imprenditrice della ristorazione insieme alla madre Pasqua, a far conoscere questo paese lontano dagli strepiti vacui del materialismo. E c’è sempre lei, Grazia Deledda, che ha reso eterna la sua gente, «le donne dai capelli lucenti come raso nero, coi corsetti rossi, che davano l’idea di un campo di fiori».