Maggie Smith, 100 minuti in scena contro il nazismo
LONDRA È possibile che la segretaria di Joseph Goebbels, braccio destro di Adolf Hitler, non fosse al corrente dello sterminio degli ebrei? Qual è il grado di colpevolezza di chi sa e non parla?
Sono le due domande che il testo di A German Life, in scena al Bridge Theatre di Londra, non pone esplicitamente ma che calibrano dall’inizio alla fine il monologo di Maggie Smith, un’interpretazione che per i critici britannici è «l’evento teatrale dell’anno». Si tratta di un tour de force — circa cento minuti da sola in scena — in cui l’attrice sfodera un talento raro: un suo gesto, un’occhiata, una pausa bastano a trasmettere mille emozioni. La trama è nota: è la testimonianza di Brunhilde Pomsel, donna di Berlino che lasciò la scuola a 15 anni con eccelse doti da stenografa e che nel 1933 finì nell’ufficio di Goebbels, ministro per la propaganda del Terzo Reich.
La storia venne raccolta per un documentario da una troupe austriaca nel 2016, pochi mesi prima della sua morte. Lo spettacolo teatrale, diretto da Jonathan Kent, rappresenta una vittoria per Nicholas Hytner, ex direttore del National Theatre che nel 2017 ha fondato, e tuttora dirige, il Bridge. I biglietti sono andati subito esauriti. Smith, d’altronde, mancava dal teatro da dodici anni. Il pubblico non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di vederla dal vivo. Se con Hytner l’attrice ha un rapporto privilegiato — è stato il suo regista in The Lady in the Van, sia per il cinema che per il teatro — è proprio l’ambiguità morale della pièce ad aver attirato un’attrice che dopo gli anni di Downton Abbey e Harry Potter ha voluto regalarsi una parte complicata, che a momenti di ilarità («Scoprii con disappunto che i nazisti erano un gruppo di uomini maleodoranti in giacca e cravatta») alterna il poco sgomento per la scomparsa degli amici ebrei e giustificazioni inaccettabili: lei, assicura, era una ragazza semplice, più interessata agli uomini e alla moda che alla politica.
«Non avevo idea di cosa stesse succedendo, non più degli altri. Non riuscirete a farmi sentire in colpa». La scena è una cucina anonima. La protagonista racconta la sua vita seduta su un’unica sedia. Ogni tanto si picchietta la testa, come per stimolare i ricordi. L’aria è quella di un’anziana innocua. Questa normalità — assieme alla perfetta britannicità dell’accento di Smith — dona allo spettacolo un’ulteriore nota inquietante.
«È il suo canto del cigno?», si è chiesto con rammarico il critico del Times. Maggie Smith ha, dopotutto, 84 anni. La rivedremo a teatro? In A German Life ha confermato che l’età, per alcuni, non è che un dato anagrafico.