Corriere della Sera

«Donne costrette a ingrassare Il mio film è un atto d’accusa»

La regista Occhipinti: tradizioni della Mauritania in «Il corpo della sposa»

- Valerio Cappelli

Ottanta chili, cento chili. «Fra tre mesi ti sposi», dice la madre alla figlia mentre la pesa sulla bilancia. Ragazze giovanissi­me messe all’ingrasso prima di unirsi in matrimonio. Consumano fino a dieci pasti al giorno. C’è una pratica del tutto sconosciut­a e assurda in Mauritania, tuttora in vigore benché non più nelle città ma in periferia, nei villaggi del deserto. Si chiama «gavage».

Michela Occhipinti ne è venuta a conoscenza leggendo un trafiletto su una rivista femminile. Da lì ha preso corpo, è il caso di dire, l’idea di farne in un primo tempo, nel lontano 2011, un documentar­io, poi il suo film d’esordio. Si intitola Il corpo della sposa - Flesh Out e dopo essere andato alla Berlinale, nella sezione Panorama, Lucky Red lo mostrerà il 2 maggio al Festival del cinema di Bari, ma prima, il 27 aprile, sarà l’unico lavoro italiano in gara al Tribeca Film Festival di New York. «Una notizia fantastica», dice la regista.

Una storia sulla tirannia del corpo femminile, eguale e contraria rispetto ai canoni estetici dell’occidente. È un simbolo della violenza contro le donne? «Direi di no, è un film sulla mancanza di libertà. Presto andrò a presentarl­o

in Corea del Sud, dove sto seguendo la quantità di operazioni chirurgich­e di giovani donne che si rifanno il mento a punta e occhi gigantesch­i. C’è la moda di tagliarsi le palpebre per trasformar­e i loro occhi orientali allungati in occhi gigantesch­i che le avvicinano all’estetica dei Manga».

Protagonis­ta del film è Verida (nella vita vera ha lo stesso nome), una ragazza moderna che lavora in un salone di bellezza, frequenta i social

network, si diverte con le amiche. Quando la famiglia sceglie per lei il futuro sposo, Verida si vede costretta a prendere peso affrontand­o il «gavage», per raggiunger­e l’ideale di bellezza e lo status sociale che la tradizione del suo Paese le impone. «Quando ingrassera­i sarai bellissima, figlia mia», le dice la madre.

«Verida», spiega Michela Occhipinti, «significa unica, e per me lei, col suo sguardo luminoso, lo è davvero. Aveva vissuto quella stessa esperienza che volevo raccontare».

Le chiediamo che differenza ci sia tra l’ossessione della magrezza e della grassezza. «Nessuna, è una sorta di tortura analoga, ed è questo che mi affascina. Più delle distanze mi interessan­o le similitudi­ni. Ci mortifichi­amo alla stessa maniera».

La protagonis­ta del film oppone una qualche resistenza alla volontà della madre di farle mangiare enormi quantità di cibo. Ingrassare è sinonimo di bellezza, si pensa che in un corpo florido, con qualche chilo in più, il velo aderisca meglio. «Ribellarsi è impossibil­e — afferma la regista —, c’è l’abitudine a essere ubbidienti in famiglia, un Paese complesso dove le antiche tradizioni convivono con l’accesso a Internet che vuol dire l’accesso al mondo». La nonna dice alla nipote: «Devi ritenerti fortunata, ai miei tempi una ragazzina è morta dopo essere stata costretta a mangiare in una notte un intero capretto e mandare giù sedici litri di latte di capra e di cammello».

Obesità Dieci pasti al giorno prima delle nozze: una pratica assurda, l’obesità è sintomo di bellezza

 ??  ?? Nel salone L’esordiente Verida Beitta Ahmed Deiche è la protagonis­ta di «Il corpo della sposa - Flesh Out» di Michela Occhipinti
Nel salone L’esordiente Verida Beitta Ahmed Deiche è la protagonis­ta di «Il corpo della sposa - Flesh Out» di Michela Occhipinti

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy