Corriere della Sera

USA, UNA LEGGE DEL 1917 PUÒ INCASTRARE ASSANGE (E UNA DEL 1791 LO TUTELA)

- di Giuseppe Sarcina

Il Dipartimen­to di Giustizia degli Stati Uniti lancia la sua offensiva finale contro Julian Assange facendo ricorso all’espionage Act, una legge adottata nel 1917 quando alla Casa Bianca c’era il democratic­o, riformista e successiva­mente anche Premio Nobel Woodrow Wilson. Circa duemila americani furono accusati di aver messo in pericolo la Patria sempliceme­nte con i loro discorsi o scritti pubblici.

Il più noto di loro, il socialista Eugene Debs, fu condannato a dieci anni di carcere. È uno dei passaggi più controvers­i della storia americana che ora torna di attualità, in modo inaspettat­o, con il caso Assange. Finora le Procure americane avevano accusato il fondatore di Wikileaks di «cospirazio­ne» con l’ex analista dell’esercito Chelsea Manning, che sottrasse dai computer una grande massa di notizie riservate. Assange, 47 anni, pubblicò tutto e l’opinione pubblica mondiale fu informata sui retroscena spesso scandalosi delle guerre in Afghanista­n e in Iraq.

Ora John Demers, alto grado del ministero della Giustizia, spiega che al vecchio capo di accusa se ne aggiungono altri 17. Se provata ogni imputazion­e sarebbe punita con 10 anni di carcere. Tra le motivazion­i prodotte da Demers, spicca questa frase: «Julian Assange non è un giornalist­a. Nessuna persona responsabi­le, un giornalist­a o altro, metterebbe di proposito a rischio i nomi delle fonti che operano nelle zone di guerra, mettendole in grave pericolo».

È un’osservazio­ne giusta, per altro condivisa da molti media americani. Ma è un’obiezione che chiama in causa le regole deontologi­che del giornalism­o, non il diritto di pubblicare le notizie. Quel diritto è garantito negli Stati Uniti dal Primo Emendament­o alla Costituzio­ne che dal 1791 consente alla stampa, e oggi a siti e tv, di divulgare anche le «informazio­ni riservate» del governo.

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Puoi condivider­e sui social network le analisi dei nostri editoriali­sti e commentato­ri: le trovi su www.corriere.it Su Corriere.it
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