Corriere della Sera

Quella vertigine cubista dietro le quinte boscose di Madonna di Campiglio

- Di Franco Brevini

i gruppi dolomitici riconosciu­ti Patrimonio dell’umanità dall’unesco. In particolar­e le Dolomiti di Brenta si trovano a ovest di Trento

Il visitatore che nell’agosto del 1864 sostava incuriosit­o ai piedi del celebre affresco della Danza macabra di Simone II Baschenis non era un turista qualsiasi. Si chiamava Douglas William Freshfield ed era uno dei più importanti alpinisti inglesi dell’ottocento. Con Walker, Beachcroft e Devouassou­d, accompagna­ti dalla guida Bortolo Delpero, aveva appena conquistat­o la cima ancora vergine della Presanella.

Della visita si sarebbe ricordato nel suo libro, The Italian Alps, un testo fondamenta­le, che avrebbe contribuit­o a far conoscere le Alpi Retiche e le Dolomiti. Freshfield era disceso a Pinzolo, ammirando la Valle di Genova, che divide i due gruppi dell’adamello e della Presanella e che per la bellezza delle sue cascate egli stesso aveva definito la «Versailles d’italia».

Le montagne di Madonna di Campiglio giacevano ancora

nell’oblio della preistoria alpinistic­a. Ma proprio in quell’anno pareva che le cose si stessero muovendo anche nella remota provincia del Welschtiro­l, come gli alpinisti germanici indicavano questa regione dell’impero austrounga­rico.

Infatti nientemeno che John Ball, il primo presidente dell’alpine Club, fondato a Londra nel 1857, si fece accompagna­re da Bonifacio Nicolussi nella traversata da est a ovest di quelle misteriose Dolomiti, valicando la Bocca di Brenta. Con Ball i primi occhi di un viaggiator­e straniero si posarono sulle bizzarre architettu­re degli Sfulmini, le frastaglia­tissime torri di roccia che durante i temporali si caricano di elettricit­à. «Visti in distanza — scriverà ancora nel 1909 nella sua Guida delle Giudicarie un alpinista d’eccezione come Cesare Battisti — fasciati o intersecat­i qua e là da strisce di neve, essi offrono la parvenza di un castello smantellat­o che emerga da valli coperte di nere boscaglie». Nell’estate del 1864 aveva soggiornat­o a Pinzolo anche un altro protagonis­ta della conquista di quelle montagne: Julius Payer.

Bloccato in fondovalle da una distorsion­e al piede, era sceso per alcuni giorni all’albergo Aquila Nera, dal quale quasi certamente si sarà spinto fino alla chiesetta di San Vigilio per ammirare la Danza macabra. Ma nel mese di settembre, completame­nte ristabilit­o, sferrò l’attacco decisivo all’adamello, la montagna Come nei film Lungo il Sentiero delle Bocchette sopra la Bocca degli Armi (foto di Franco Brevini) che era divenuta per lui quasi un’ossessione. Accompagna­to da Luigi Fantoma, Giovanni Catturani e Gerolamo Botteri, antenati delle moderne guide della Rendena, l’ufficiale austriaco raggiunse la grande vetta glaciale, intorno alla quale si sarebbero accesi mezzo secolo dopo i combattime­nti tra Alpini e Kaiserjäge­r. Ghiaccio e roccia si sposano in queste montagne che sarebbero diventate famose.

Dietro le quinte boscose di Madonna di Campiglio le Dolomiti di Brenta rivelano un vertiginos­o mondo cubista, irto di punte, sbilenco e diroccato. La stratifica­zione geologica ha formato esigue cornici, che corrono orizzontal­i per chilometri e chilometri. Lungo questi aerei sentieri naturali sospesi a grande altezza corre il Sentiero delle Bocchette, una traversata che non ha eguali in tutto il mondo.

Ci sono passaggi indimentic­abili come la cengia che attraversa tutta la Brenta Alta sopra la Bocca di Brenta. È una specie di marciapied­e che interrompe la verticalit­à della parete. Di tanto in tanto si stringe e la muraglia soprastant­e incombe, costringen­do a procedere chini, con il moschetton­e agganciato al cavo metallico. La sensazione è quella di strisciare sul cornicione di un grattaciel­o, come il protagonis­ta di un film d’azione americano, ma intorno c’è uno dei più spettacola­ri scenari delle Alpi.

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