Alla Banda Osiris il premio degli Inquieti
Questa sera nell’auditorium di Santa Caterina a Finalborgo (Savona) la cerimonia con concerto
«Quattro musicisti che con ironia e originalità hanno fuso musica e teatro facendone la loro cifra stilistica», come dice il presidente del «Circolo degli Inquieti» Paolo De Santis. Oppure, ma poi è la stessa cosa, «quattro pazzi scatenati che con gli strumenti musicali fanno di tutto». Sono loro, la Banda Osiris, i vincitori del premio Inquietus Celebration. Verrà assegnato stasera alle 21 nell’auditorium di Santa Caterina a Finalborgo (Savona). La cerimonia ha lo stesso titolo del loro libro e del loro concerto: «Le dolenti note. Il mestiere del musicista: se lo conosci lo eviti». È già questo ti fa capire qualcosa.
Se poi leggi le loro autobiografie (gente che comunque ha in salotto un Orso d’argento e un David di Donatello per le loro colonne sonore) ti rendi conto del perché si siano meritati un premio dedicato all’inafferrabile sentimento dell’inquietudine.
Sandro Berti (mandolino, chitarra , violino, trombone) «a quattro anni viene allontanato dal gruppo di suonatori di maracas dell’asilo, a dodici dalla sezione flauti dolci delle medie e a sedici finalmente, suonando la chitarra, entra nel celebre complesso del liceo Le urla di Priamo come bassista, nel senso che suona a volume così basso che nessuno si accorge delle sue incapacità musicali».
Gianluigi Carlone (voce, sax, flauto) «nasce a Vercelli, quando ancora le mondine cantavano nelle risaie: il timbro delle loro voci influenzerà per sempre il suo modo di cantare... fa di tutto per distrarre lo spettatore dalla musica in quanto tale, convinto che il suono non sia una cosa statica».
Roberto Carlone (trombone, basso, tastiere) «si forma come musicista nella cantina di un condominio in un trio di due melodiche e una batteria autocostruita con fustini di detersivi... Si specializza suonando la grancassa con piatti annessi per le piazze d’italia, Germania, Francia e Svizzera con un gruppo di artisti di strada costituitosi in un seminario nell’ospedale psichiatrico di Vercelli».
Giancarlo Macrì (percussioni, batteria, bassotuba) «fin da piccolo lascia trasparire una vana propensione per la musica e studia con notevole insuccesso vari strumenti. Per mantenersi è costretto a battere cassa: capisce così che il suo strumento è la batteria».