PER IL GOVERNO L’INCOGNITA DELLE ALLEANZE IN EUROPA
Gli scambi di accuse non si fermano nemmeno a un giorno dal voto di domani. In compenso, si avverte una punta di cautela in più sull’esito della consultazione europea. Evidentemente, tutto quello che si poteva dire e promettere è stato tirato fuori. E il carattere proporzionale delle elezioni ha accentuato le divisioni e le polemiche. Ma nessuno tra i leader si azzarda a previsioni trionfalistiche, perché sa che sui risultati influiranno sia l’affluenza alle urne, sia l’esigenza di non precludersi margini di manovra per il «dopo». Certamente, la Lega si sente comunque vincente.
Il vicepremier Matteo Salvini prevede di diventare «il primo partito italiano, e cambierà la storia dell’europa». Il suo braccio destro a Palazzo Chigi, Giancarlo Giorgetti, un po’ più prudente, spiega che la Lega «punta a più voti dell’anno scorso». Molto probabile: alle Politiche ebbe poco più del 17 per cento. È il segno che nel Carroccio si teme un rimbalzo negativo, dopo avere alzato troppo l’asticella delle aspettative. Sarebbe un paradosso crescere meno del previsto.
Significherebbe sminuire un successo dato per cento, e sicuramente notevole, e magari aprire una fase di tensione nel partito.
Forse anche per questo, con realismo Salvini offre indicazioni contraddittorie sulla sua collocazione europea. Dice di essere «in parola» col capo della Brexit, Nigel Farage e con le destre euroscettiche. Eppure anticipa che «se serve» sarà «pronto a ragionare» anche con la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron: due sue bestie nere con le quali comincia a capire che dovrà fare comunque i conti, se vuole avere un qualche peso sulle scelte strategiche dell’unione.
L’incontro di due ore avuto ieri a Roma dal premier Giuseppe Conte col presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, lo conferma. Aspirare a incarichi di rilievo nella prossima Commissione Ue, significa avere voti ma soprattutto alleati. La maggioranza giallo-verde dovrà tenere conto di avere di fronte probabilmente gruppi poco disposti a farle concessioni. Per questo Salvini è costretto a non escludere un asse col Ppe, conscio di potersi trovare in una posizione di debolezza. Debolezza ancora più marcata per i Cinque Stelle, che a livello europeo continuano ad avere un’identità indefinita.
Rischiano di perdere molti voti rispetto a un anno fa; e col vicepremier Luigi Di Maio accreditano per sé un ruolo di «ago della bilancia» tutto da verificare. Salvini spiega i suoi attacchi alla Lega con la paura di calare. La sopravvivenza del governo dipenderà dallo scarto dei voti tra M5S e Carroccio, e da questi intrecci europei. Le opposizioni si dicono convinte che salterà tutto, «presto o prestissimo», per le decisioni che potrebbe prendere l’ue sulla pesante ipoteca del debito pubblico italiano. In realtà, sono consapevoli di poter giocare solo di rimessa.
Il rischio
Le previsioni sul successo della Lega domani alle urne incrociano il timore di un’italia più isolata dentro l’unione