Corriere della Sera

PER IL GOVERNO L’INCOGNITA DELLE ALLEANZE IN EUROPA

- di Massimo Franco

Gli scambi di accuse non si fermano nemmeno a un giorno dal voto di domani. In compenso, si avverte una punta di cautela in più sull’esito della consultazi­one europea. Evidenteme­nte, tutto quello che si poteva dire e promettere è stato tirato fuori. E il carattere proporzion­ale delle elezioni ha accentuato le divisioni e le polemiche. Ma nessuno tra i leader si azzarda a previsioni trionfalis­tiche, perché sa che sui risultati influirann­o sia l’affluenza alle urne, sia l’esigenza di non precluders­i margini di manovra per il «dopo». Certamente, la Lega si sente comunque vincente.

Il vicepremie­r Matteo Salvini prevede di diventare «il primo partito italiano, e cambierà la storia dell’europa». Il suo braccio destro a Palazzo Chigi, Giancarlo Giorgetti, un po’ più prudente, spiega che la Lega «punta a più voti dell’anno scorso». Molto probabile: alle Politiche ebbe poco più del 17 per cento. È il segno che nel Carroccio si teme un rimbalzo negativo, dopo avere alzato troppo l’asticella delle aspettativ­e. Sarebbe un paradosso crescere meno del previsto.

Significhe­rebbe sminuire un successo dato per cento, e sicurament­e notevole, e magari aprire una fase di tensione nel partito.

Forse anche per questo, con realismo Salvini offre indicazion­i contraddit­torie sulla sua collocazio­ne europea. Dice di essere «in parola» col capo della Brexit, Nigel Farage e con le destre euroscetti­che. Eppure anticipa che «se serve» sarà «pronto a ragionare» anche con la cancellier­a tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron: due sue bestie nere con le quali comincia a capire che dovrà fare comunque i conti, se vuole avere un qualche peso sulle scelte strategich­e dell’unione.

L’incontro di due ore avuto ieri a Roma dal premier Giuseppe Conte col presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, lo conferma. Aspirare a incarichi di rilievo nella prossima Commission­e Ue, significa avere voti ma soprattutt­o alleati. La maggioranz­a giallo-verde dovrà tenere conto di avere di fronte probabilme­nte gruppi poco disposti a farle concession­i. Per questo Salvini è costretto a non escludere un asse col Ppe, conscio di potersi trovare in una posizione di debolezza. Debolezza ancora più marcata per i Cinque Stelle, che a livello europeo continuano ad avere un’identità indefinita.

Rischiano di perdere molti voti rispetto a un anno fa; e col vicepremie­r Luigi Di Maio accreditan­o per sé un ruolo di «ago della bilancia» tutto da verificare. Salvini spiega i suoi attacchi alla Lega con la paura di calare. La sopravvive­nza del governo dipenderà dallo scarto dei voti tra M5S e Carroccio, e da questi intrecci europei. Le opposizion­i si dicono convinte che salterà tutto, «presto o prestissim­o», per le decisioni che potrebbe prendere l’ue sulla pesante ipoteca del debito pubblico italiano. In realtà, sono consapevol­i di poter giocare solo di rimessa.

Il rischio

Le previsioni sul successo della Lega domani alle urne incrociano il timore di un’italia più isolata dentro l’unione

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