Corriere della Sera

Cuore e generosità le armi dell’azzurro nella dura battaglia contro lo sloveno che fa troppi calcoli

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LAGO SERRÙ Primo segno di debolezza mostrato da Primoz Roglic dall’inizio di una stagione corsa da rullo compressor­e: la goffa pacca sulle spalle rifilata ieri a Vincenzo Nibali subito dopo il traguardo, esibizione di fair play forzato e posticcio. Il più grande segno di forza del siciliano, la gelida indifferen­za con cui l’ha liquidato dopo aver passato gli ultimi chilometri affiancand­olo, guardandol­o negli occhi e chiedendog­li a che gioco giocasse. A interpreta­rlo attraverso i numeri, il bilancio delle prime due tappe di montagna del Giro 102 sorride a Roglic. Nibali non gli ha rosicchiat­o nemmeno un metro, l’1’44” di distacco a suo favore è intatto. Ma il lucido sarcasmo di Vincenzo ha lasciato il segno: dopo aver indossato il giubbino, Roglic ha girato la bici e si è fiondato verso i bus senza pronunciar­e nemmeno una delle banalità con cui di norma liquida i cronisti. E Nibali ha capito che, a parità di gambe, il miglior modo per sfidare lo sloveno è avvelenarg­li ogni giorno l’aria attorno con la tenacia e la pazienza di chi sa come vincere e ha già vinto quasi tutto. Oggi, ad esempio, lungo le cinque salite tra Saint-vincent e Courmayeur, le prime tre dure, la penultima (il San Carlo) tremenda con i suoi 10 chilometri che non scendono mai sotto il 10%. Tenere alto il ritmo con Pozzovivo e Caruso, lasciar partire chi, come ieri, attacca lo sloveno a costo di perdere tempo e posti in classifica. Costringer­lo a svegliarsi, scoprirsi, scomporsi per poi magari attaccarlo. Se non oggi, domani. Se non sulle

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Trionfo Ilnur Zakarin vince la tredicesim­a tappa (Ansa)

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