Corriere della Sera

Guardiola-klopp: «Ci divertiamo a prenderci a calci»

L’ex regista di classe e l’ex terzino un po’ scarpone: lui calvo e chic, l’altro in tuta coi capelli trapiantat­i Storia dei due rivali che hanno oscurato Mourinho

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Èprobabile che, se qualcuno gli ricordasse di quando pronunciò quella certa frase, Jürgen Klopp proverebbe a cavarsela con una delle sue risate e una spiegazion­e già usata in passato: «Dico troppe str***ate che nessuno dimentica».

Comunque sia: era il 2013. E Klopp, col suo Borussia Dortmund, uno degli allenatori emergenti del calcio europeo in anni in cui le squadre di Pep Guardiola e la nazionale spagnola vincevano scudetti, Champions, Mondiali ed Europei. Ma a Jürgen quel calcio non piaceva: «Se a cinque anni avessi visto la Spagna giocare il calcio con cui ha meritatame­nte vinto Euro 2012, sarei diventato un tennista. Palla da una parte, poi dall’altra, non si tira e alé, cambio di gioco... datemi una botta in testa, non posso continuare a guardare questa roba». Siccome quella Spagna era costruita sullo scheletro del Barcellona, ci è voluto poco a identifica­re Klopp come l’anti Guardiola per eccellenza.

E non era solo una questione tattica, anche se quel calcio fatto di strappi e ripartenze letali era (proprio come quello di Mourinho) visibilmen­te l’opposto del palleggio barcelloni­sta. Non a caso, prima della semifinale della Champions 2013 tra il Dortmund e il Real di Mou, i due allenatori se ne stavano a centrocamp­o a chiacchier­are amabilment­e. Una specie di vertice tra i due massimi oppositori del calcio del Pep.

Solo che poi i gialloneri passarono sui blancos tipo schiaccias­assi su Wile Coyote. Le chiacchier­ate a centrocamp­o finirono lì, il Borussia di Klopp andò in finale e perse col Bayern. Sei anni dopo, l’1 giugno 2019, al terzo tentativo, Jürgen alzò finalmente la Coppa. E raccontò di avere ricevuto una telefonata da Guardiola. Di congratula­zioni, ma non solo: «Ci siamo ripromessi che ci prenderemo a calci nel sedere anche l’anno prossimo». Il riferiment­o era al campionato inglese appena concluso con la vittoria del Manchester City sul Liverpool per un solo punto.

Già, perché nel frattempo dall’ottobre 2015 Klopp era arrivato in Inghilterr­a, al Liverpool appunto, dove lo avrebbero raggiunto Guardiola e Mourinho, addirittur­a nella stessa città (Manchester City uno, United l’altro). Ma mentre tutto il mondo si preparava allo scontro finale tra Pep e Zé, i due dominatori di inizio millennio, Klopp fece quello che nel tennis Djokovic sta facendo con Federer e Nadal. Si prese un bel pezzo di palcosceni­co.

E lo fece grazie a una parola, per lui magica: contro-pressing. Cioè fiondarsi al recupero del pallone non appena lo si perde, per evitare di doversi riposizion­are in difesa ripartendo invece il più velocement­e possibile. E qui viene il bello. Klopp è diventato il maestro del contro-pressing perfeziona­ndo il suo modello di riferiment­o: il Barcellona di Guardiola. Il cui punto di forza, secondo l’ex difensore tedesco, non era il mitico possesso palla, ma proprio il contro-pressing. Se però il Barça di Pep doveva cercare di recuperare il pallone entro cinque secondi, Klopp ne pretende due.

I risultati si sono visti, ma non subito. Poi, nel gennaio 2018, i Reds sono riusciti a rubare ai Citizens (per 84 milioni di euro) il difensore olandese Virgil Van Dijk. Pochi mesi dopo, per altri 72,5 milioni, sarebbe arrivato il portiere Alisson. Perché, anche in questo caso, Klopp aveva imparato da Pep: che in due estati aveva fatto spendere agli emiri del City 274 milioni per cinque difensori. Con cui costruire dalla propria area, certo. Ma anche con la fisicità necessaria per sopravvive­re nel calcio inglese. Fisicità che a Klopp non mancava, a differenza del possesso palla (affiorato qua e là, nel frattempo, anche in alcune partite dei Reds).

E fu così che le due squadre più forti e belle del mondo presero a somigliars­i molto più dei loro allenatori. Uno, l’ex centrocamp­ista di classe Guardiola, al primo accenno di calvizie si è rasato completame­nte, veste finto informale-chic e ha l’aria spesso tormentata. L’altro, l’ex difensore con «piedi da Quarta divisione» Klopp, si vanta del suo trapianto di capelli, è sempre in tuta e ride molto. Forse è perché è l’allenatore che ha vinto più partite contro il Pep (o magari viceversa). Però intanto il primo calcio nel sedere della stagione se l’è preso lui, Klopp: il 4 agosto la Supercoppa inglese l’ha vinta Guardiola ai rigori. Prossimo appuntamen­to il 9 novembre, in campionato.

(Con Mourinho, senza panchina per la prima volta da diciassett­e anni dopo l’addio allo United, davanti alla tv).

 ?? (foto Epa) ?? In panchina Il catalano Pep Guardiola, 48 anni, allenatore del Manchester City e (a destra) Jürgen Klopp, 52 anni, tedesco, tecnico del Liverpool
(foto Epa) In panchina Il catalano Pep Guardiola, 48 anni, allenatore del Manchester City e (a destra) Jürgen Klopp, 52 anni, tedesco, tecnico del Liverpool
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