Crescita, per la Cia occorre ripartire dall’agroindustria
All’italia serve un piano agroindustriale da 100 mila posti. È il progetto della Confederazione italiana agricoltori (Cia) — denominato «Il Paese che vogliamo» — che dal 2 settembre fino al 2020 sarà presentato con un roadshow in tutta Italia. Cinque i capisaldi: infrastrutture, governo del territorio, filiere a vocazione territoriale, sistemi di gestione della fauna selvatica, enti locali e politiche europee. A spiegarlo è il presidente della Cia, Dino Scanavino (nella foto), secondo cui «l’agricoltura, in controtendenza, cresce per livelli di produzione e occupazione — con un valore della produzione di quasi 60 miliardi di euro nel 2018 — ma il Paese è fermo e per farlo ripartire serve un piano che lo doti di infrastrutture e reti adeguate. A partire dai territori, con un piano agroindustriale strutturato che potrebbe creare fino a 100 mila nuovi posti di lavoro generando Pil e ricchezza». Si tratta di «un intervento straordinario di tutela, manutenzione e gestione sostenibile del Paese, volto a recuperare gli enormi ritardi infrastrutturali e puntando sulla centralità dell’agricoltura». A partire proprio dal gap delle aree periferie; al Nord come al Sud. Anche se è sopratutto nel Mezzogiorno che il divario è più evidente, con le imprese che in media possono contare su meno di 20 chilometri di infrastrutture ogni 1.000 chilometri quadrati, circa la metà di quelli a disposizione delle imprese del Nord-ovest a fronte di una media nazionale di 23.