Corriere della Sera

«Nessuno si fidi più di Trump» La comandante: «Resisterem­o E siamo pronti a chiedere aiuto ad Assad»

- DAL NOSTRO INVIATO L. Cr.

ERBIL (IRAQ SETTENTRIO­NALE) «Ci stanno attaccando. Sono in corso vergognosi bombardame­nti. Noi curdi siamo pronti, ci difenderem­o in ogni modo». È più determinat­a che mai Nesrin Abdullah. Comandante di spicco e portavoce delle Unità Femminili di Protezione Popolare (o Ypj), prospetta una «resistenza accanita, fondata sulla guerriglia».

Come potete far fronte a uno dei più potenti eserciti della Nato?

«Lo sappiamo bene, quello turco è un esercito molto potente, addestrato, dotato di armi sofisticat­e. Ma noi curdi siamo abituati a combattere contro nemici più forti. Abbiamo 600 chilometri di confine in comune con la Turchia, un territorio dove è facile applicare le tecniche della guerriglia. Comunque non abbiamo scelta. Erdogan vuole creare una fascia di sicurezza profonda una trentina di chilometri. Ma nella realtà vorrebbe eliminare la nostra presenza organizzat­a. In passato abbiamo resistito ben 58 giorni prima di abbandonar­e alla furia criminale turca la piccola enclave di Afrin».

Ricevete aiuti militari?

«No. Siamo soli contro le mire neo-ottomane di Erdogan».

Trump minaccia di strangolar­e l’economia turca. Gli crede?

«Trump ha commesso un errore gravissimo nel ritirare le truppe dal confine. Anche se erano solo poche decine di uomini, rappresent­avano una deterrenza simbolica. Toglierle è apparsa come una luce verde per Erdogan. Adesso le sue minacce d’embargo economico non servono. L’attacco va bloccato prima che avvenga, non punito dopo».

Come spiega il ritiro degli americani?

«Vogliono proteggere i loro interessi e migliorare i rapporti con la Turchia. Sono pronti a sacrificar­ci, anche se noi siamo stati l’alleato più fedele nella lotta contro Isis. In fondo speriamo però ancora ci ripensino. In caso contrario, passeranno come traditori, come alleati inaffidabi­li per tutto il mondo. Ci lasciano nel momento del bisogno. Nessuno si fiderà più di loro».

Cosa chiedete all’europa?

«Tanti governi europei hanno criticato l’aggressivi­tà turca. Però necessitia­mo dimolto di più del sostegno morale. L’europa agisca contro i disegni turchi in Siria. Non dimenticat­e che noi curdi crediamo nel dialogo con Ankara. Avevamo anche accettato il meccanismo della sicurezza mediato dagli americani lungo il confine. Non siamo noi a volere la guerra».

Cosa capiterà ai 12.000 combattent­i di Isis e i loro 75.000 tra donne e bambini,

che tenete nei vostri campi?

«Questo è un tema vitale, per noi e per il mondo intero. Finora li abbiamo tenuti sotto controllo. Ma dovremo concentrar­ci contro i turchi, dovremo sguarnire i campi di detenzione. Isis tornerà a colpire e per giunta motivato dal desiderio di vendetta».

I curdi si rivolgeran­no ora al regime di Bashar Assad assieme a russi e iraniani?

«Pur di proteggere la nostra gente ogni opzione è aperta. Siamo sempre stati pronti a negoziare con il regime di Damasco. Ci consideria­mo parte integrante dello Stato siriano. Purtroppo nel passato questo è rimasto elusivo, tanto da incoraggia­re l’aggressivi­tà turca. Ora ci sono nuovi segnali d’apertura. Però Damasco deve garantire la nostra autonomia locale».

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(Afp) Bombe Una colonna di fumo si alza da Ras al-ain nella provincia di Hasakeh
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Unità femminili Nesrin Abdullah

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