La battaglia (quasi solitaria) di Lupi: è demagogia
«Ma di che cosa stiamo parlando? Della democrazia o della demagogia e del facile consenso? Il popolo va anche guidato, e non solo rappresentato, perché se cosi non fosse ad ogni omicidio avremo l’istituzione della pena di morte...». L’ex ministro Maurizio Lupi (Noi con l’italia) è uno dei 14 deputati che ci hanno messo la faccia votando contro il taglio dei parlamentari. E proprio Lupi in Aula, al culmine di un intervento appassionato, ha guardato fisso negli occhi il ministro Luigi Di Maio presente ai banchi del governo: «Il problema non sono le poltrone, la poltrona la occupa lei come la occupo io; il problema è come si usa la responsabilità che ci viene data». Poi, ancora rivolto al ministro degli Esteri «che non ha esitato a cambiare maggioranza pur di occupare una poltrona più prestigiosa»: «Le insegno una cosa, senza presunzione. Sa cos’è la demagogia? È l’adulazione del popolo mentre lo si inganna per ottenere il suo voto. Lo si inganna per ottenere un altro obiettivo».
Ventiquattro ore dopo il suo «no» al taglio dei parlamentari, Lupi si compiace della battaglia fatta, paradossalmente dal suo punto di vista, insieme a +Europa : «Sì, abbiamo votato con i radicali mentre tutti gli altri si sono accodati al M5S, dagli amici del Pd al centrodestra. Orfini ha detto che questa riforma “fa schifo” ma poi ha votato lo stesso. E così hanno motivato il 60 per cento di quelli che hanno detto sì».
Lupi ricorda di essere «favorevole alla riduzione del numero dei parlamentari ma in un contesto che salvi il principio rappresentativo». Mentre Beppe Grillo e il M5S «puntano alla democrazia diretta, e quindi fanno di tutto per scardinare la democrazia rappresentativa». Così, davanti al documento della maggioranza che propone «correttivi» necessari dopo il taglio, l’ex ministro chiede: «Cosa succede se il governo cade e la maggioranza non sarà poi in grado di varare tutti quei correttivi senza i quali la riduzione dei parlamentari rimarrà appesa a se stessa e produrrà grossi guai?».
Lupi cita il caso della rappresentanza nelle regioni più piccole: «Il Friuli-venezia Giulia, come ha detto il collega Renzo Tondo, passerebbe da 7 a 4 senatori. Ma la cosa più grave è che davanti a una soglia implicita del 14% solo i due partiti maggiori verrebbero
La cosa più grave è che davanti a una soglia implicita del 14% solo i due partiti maggiori verrebbero rappresentati nell’aula del Senato
rappresentati al Senato». Lo stessa distorsione si verificherebbe anche in altre regioni: Liguria, Marche Molise, Basilicata, Sardegna.
La maggioranza chiederà il referendum confermativo?: «Io consiglierei di farlo perché lo chiederanno, o almeno spero che lo facciano, le regioni penalizzate dal taglio». Come potrebbe finire il referendum: «I due precedenti in cui si votava anche sul taglio dei parlamentari — la nostra riforma del 2006 e quella di Renzi del 2014 — dovrebbero pur insegnarci qualcosa».